Il segno di croce non sembra essere una vera preghiera. Lo si compie spesso distrattamente, e anche male. Cosa ne pensa la Chiesa?
Uno dei primi gesti che compiamo, quasi naturalmente, quando entriamo in una chiesa, o anche solo passandoci di fronte, è farci il segno della croce. Lo stesso che, come ben sappiamo, apre e conclude la nostra preghiera e anche la celebrazione eucaristica. Per questo ci soffermiamo brevemente su questo gesto, che porta in sé un senso molto profondo nonostante la sua semplicità.
Papa Francesco nel ciclo di catechesi sulla celebrazione eucaristica, tenute nelle udienze generali del 2017-2018, si è soffermato sul segno della croce aprendo il discorso con un’esortazione che ci fa riscoprire la dimensione familiare di iniziazione alla fede attraverso semplici gesti rituali: “Il sacerdote che presiede – affermò – lo traccia su di sé, e lo stesso fanno tutti i membri dell’assemblea, consapevoli che l’atto liturgico si compie ‘nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo’.
E qui passo a un altro argomento piccolissimo. Voi avete visto come i bambini fanno il segno della croce? Non sanno cosa fanno: a volte fanno un disegno che non è il segno della croce. Per favore: mamma e papà, nonni, insegnate ai bambini, dall’inizio – da piccolini – a fare bene il segno della croce. E spiegategli che è avere come protezione lacroce di Gesù” (20 dicembre 2017).
Dunque, ogni celebrazione, dopo la processione diingresso, si apre con il segno della croce e con le parole “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo”. La formula che accompagna il gesto anzitutto ci fa affermare che siamo in presenza del Dio uno e trino, del Dio-Amore, di Colui che è in continua relazione, in continua comunione; e attraverso la celebrazione anche noi entriamo in questa comunione d’amore con il Padre in Cristo, per mezzo dello Spirito santo.
Tutto il cammino del fedele è segnato da questo movimento: trovare la sua sorgente in questa comunione, e tendere con tutte le proprie azioni a questa comunione di vita con Dio, che non può prescindere dalla comunione con il prossimo. Per questo credo che la croce sia la strada maestra che ci indica un obiettivo terreno, quello di amare.
La stessa formula è anche una prima professione di fede nel Dio uno e trino: pronunciata dal sacerdote a inizio celebrazione, viene ratificata dall’assenso di tuti i fedeli con il loro “amen”.
Non possiamo poi dimenticare che il segno di croce ricorda il nostro battesimo, e quindi il fatto che attraverso di esso siamo diventati cristiani, siamo di Cristo, perché lui ha donato a noi la vita per mezzo del sacrificio della croce e in lui formiamo un solo Corpo che è la Chiesa. E ancora, siamo stati battezzati in Cristo e di lui ci siamo “rivestiti” (Gal 3,27), divenendo nuova creatura (2Cor 5,17).
Dunque, un piccolo e semplice gesto, una piccola e semplice formula diventano per noi memoriale di ciò che Dio in Cristo ha compiuto per noi, e ciò che noi a nostra volta possiamo compiere nel mondo come alter Christus.
Don Francesco Verzini