di Daris Giancarlini
Breve elenco di piccoli e grandi paradossi della politica italiana degli ultimi mesi. Il partito della Rete, fondato da un comico e teleguidato da una società digitale, prende milioni di voti all’insegna del ‘vaffa’ alla casta politica, arriva in Parlamento minacciando di “aprirlo come una scatoletta di tonno” e poi, proclamandosi né di destra né di sinistra, prima governa con la destra e poi con la sinistra.
Asserragliato dentro la famosa “scatoletta” fino al punto di salvare il capo leghista dal processo per una nave con immigrati lasciata al largo quando governava con il suddetto, salvo poi volerlo processare, per un altro episodio dello stesso tipo, quando è al potere con la sinistra. Il partito ex Pci-Pds-Ds (ed a breve anche ex Pd) vorrebbe anch’esso portare il capo leghista in tribunale. Ma non subito. Perché si vota in Emilia-Romagna, e quello, il leghista, potrebbe prendere voti facendo il martire.
Molta tattica, poco coraggio.
Anche perché va a finire che quello, il leghista, il martire lo fa comunque, dando l’ordine ai suoi di votare per farsi processare. Come Guareschi, come Silvio Pellico, dice lui. Di città in città in Emilia e Romagna, tra selfie al parmigiano e comizi al lambrusco, il capo leghista ripete che cambiare colore al governo regionale è cosa buona e giusta.
Poi però parla solo di temi nazionali, i soliti: sicurezza e immigrazione. Chiudendo il cerchio dei paradossi, per un partito che si dice radicato sul territorio ma che, quando va sul territorio, parla d’altro. Paradossi – o più semplicemente, la politica italiana oggi.