Una bella favola. Bellissima. L’ha raccontata don Pietro Guglielmi, uomo di Dio ed ex abate generale dei Canonici regolari lateranensi: le cose belle, vere e profonde che ha detto, predicando la novena all’Immacolata, nella chiesa di San Francesco, a Gubbio, hanno confermato che la qualifica di ‘uomo di Dio’ è compatibile con quella di ‘Abate Generale’. La favola viene dall’estremo Oriente, dal mondo del maestro di spirito Siddharta Gautama, detto il Buddha, l”illuminato’. E narra di una bambola di sale: nelle favole le bambole di sale non soffrono della rigidezza che la loro costituzione fisica lascerebbe supporre, non si sa bene come, ma riescono a compiere tutte le flessioni che una vita normale richiede. La nostra bambola di sale viveva in una zona montuosa dell’interno e sorrideva sempre, a tutti. Ma a volte, anzi molto spesso, un velo di mestizia oscurava il suo sorriso. Era quando (accadeva ogni giorno) affiorava in lei una domanda: ‘Ma che cos’è il mare?’. Perché lei per il mare sentiva un’attrazione fortissima, assoluta, invincibile. ‘Che cos’è il mare?’. Ovvio, per una bambola di sale. Ci si erano provato in molti, a spiegarglielo, ma lei era rimasta totalmente insoddisfatta. Un ex docente all’Università del Salgemma ci aveva provato con delle formule chimiche. Niente. Uno zio, che per anni aveva tenuto un Sale e tabacchi a Mergellina, aveva fatto ricorso al meglio del repertorio gestuale dei napoletani. Niente. Peggio che peggio. ‘Ma cosa sarà mai il mare?’. Notti insonni, gli occhi perlacei sbarrati nel buio. E un giorno la bambola di sale raccolse le sue poche cose e partì verso il mare. Settimane, mesi di cammino. Poi, dopo l’ultima curva, improvviso, ammaliante, gioioso… il ‘tremolar della marina’!! Immobile, come fuori di sé, la statua di sale. Per un’ora, o forse un giorno, o forse un mese. Poi il suo istinto più forte ne occupò per intero la mente ed il cuore, ed essa prese lentamente ad inoltrarsi nel mare. Ad ogni passo una gioia incredibile cresceva in lei. Senza un parola: anche il vento taceva, e le onde avevano tacitato il loro fruscio cadenzato. Ma mentre avanzava nel mare, la bambola di sale si scioglieva. Senza una parola. Silenzio. Prima i piedi, poi su su, la gambe, la pancia, il petto…Tutto. Senza un parola. Solo un attimo prima di sciogliersi la bambola di sale parlò. Disse: ‘Ecco che cos’era il mare!’. Liberata dalla venature di panteismo tipiche della sua estrazione religiosa, non potrebbe essere, questa, una splendida metafora del nostro approdo finale? No, il nostro piccolo io non svaporerà nel grande Io che ci ha creati e redenti. Ma che ultimo verrà il naufragio gaudioso lo intuì il Genio di colui che, a due dita di carta geografica da noi, scrisse: ‘E naufragar m’è dolce in questo mare’.
La bambola di sale
AUTORE:
Angelo M. Fanucci