di Daris Giancarlini
“In un mondo come il nostro, che misura il valore di una persona da quanto essa riesce a farsi pagare, solo chi ha capito che non si vale per ciò che si riesce ad ottenere, ma per quanto si riesce a donare, può dirsi portatore di vera umanità e civiltà. E di valori cristiani”: una frase, 53 parole in tutto, che è una delle grandi, non deperibili eredità lasciate (alle persone che lo hanno seguito e apprezzato) da don Antonio Santantoni, intellettuale di valore assoluto, poeta, giornalista e scrittore di teatro.
Un prete. Don Antonio non c’è più dal 13 marzo 2017, dopo ben 48 anni trascorsi nella piccola frazione derutese di Casalina, a fare – semplicemente, esclusivamente – il prete. Lui che aveva seguito da seminarista il Concilio Vaticano II, che era amico personale dei più grandi teologi del mondo, un maestro riconosciuto di liturgia, un intellettuale a tutto tondo.
Ma che proprio per questo, o paradossalmente per questo, ha vissuto nella Chiesa da emarginato, ‘stoppato’ ogni volta che si prospettava, per i suoi indiscussi meriti, la possibilità di assurgere a livelli più alti e visibili di responsabilità. A Casalina don Antonio arrivò come parroco il 12 ottobre 1969 con l’entusiasmo del giovane prete pieno di buone intenzioni.
Molte realizzate, pur in un percorso di sofferenze (anche fisiche) e divisioni. Quello che resta è il messaggio di una persona dal valore umano e intellettuale così cristianamente fondato da aver voluto, e saputo, sacrificare le proprie, legittime aspettative a favore della sua amatissima comunità. Perchè “si vale per quanto si dona”.