di Pier Giorgio Lignani
Nei giorni scorsi l’Umbria è balzata all’onore delle prime pagine dei giornali. Questo perché le elezioni regionali, previste per il 27 ottobre, saranno il primo test elettorale di una certa importanza dopo la nascita del nuovo Governo. Quindi un banco di prova tanto per quelli che nel governo sono entrati, quanto per chi ne è rimasto fuori.
I pronostici umbri mettono al primo posto la Lega, tutt’altro che rassegnata dopo la cacciata dal governo; buio nero sulle previsioni per il Pd, dopo la fine ingloriosa della presidenza Marini. C’è un elemento “tecnico” che condiziona tutti questi discorsi.
Ed è che la legge elettorale della Regione Umbria prevede l’elezione diretta del Presidente della Giunta, con il sistema maggioritario a turno unico; vale a dire che non è previsto il ballottaggio. Viene eletto presidente il candidato che ha avuto più voti degli altri, anche se la sua percentuale è al di sotto del 50 per cento.
Quindi, se i candidati presidenti saranno tre o quattro (o più) è possibile, anzi probabile, che risulti vincitore uno che in realtà rappresenta solo una minoranza degli elettori, mentre sono di più quelli che non lo vorrebbero. È giusto?
Secondo me, no. Il sistema più razionale e corretto sarebbe il doppio turno, ossia lo spareggio fra i primi due, se nessuno ha raggiunto il 50%.
Chi ha voluto invece il turno unico per le elezioni regionali in Umbria? È stato deciso subito prima delle elezioni regionali del 2015, dalla maggioranza allora uscente il Partito democratico – , la quale, guarda caso, era rimasta scottata da ciò che era appena accaduto con l’elezione del sindaco di Perugia.
Quella volta Romizi, contro ogni previsione, al ballottaggio aveva battuto Boccali, che pure al primo turno aveva avuto più voti. In pratica, nel 2015 il Pd umbro si confezionò su misura la legge elettorale. Ma le furbate di questo genere alla fine si pagano; così adesso tutti quelli che vorrebbero impedire la vittoria della Lega hanno un modo solo per provarci: fare in modo che sulla scheda ci sia, contro quello della Lega, un candidato unico e solo. Se ce ne saranno di più, avranno perduto in partenza.