La nave dei folli

di Angelo M. Fanucci

Stultifera navis (“La nave dei folli”): così Michel Foucault, il più grande degli storici di settore,  intitola il primo capitolo della sua Storia della follia nell’età classica. Ed è stata effettivamente una prassi “medica” quella che nel Nord Europa, sei/settecento anni fa, allontanava i “matti” che in numero eccessivo pesavano sulla comunità dei “normali”, affidandoli a gente di mare.

E la gente di mare spesso li stipava in grossi natanti che partivano… verso dove? Nessuno era tenuto a saperlo. Un’incombenza della quale è documentato che volentieri si facevano carico i battellieri di Francoforte nel 1399, per intero, escluso il “verso dove”.

Alla nave dei folli m’hanno fatto pensare i signori che oggi reggono i destini del nostro paese. Ogni minuto dal balcone della politica s’affacciano sui nostri schermi televisivi, a volta minacciosi, più spesso civettuoli, e ci dicono cose che meritano di essere dimenticate subito dopo.

Che hanno abolito la povertà, che hanno messo in sicurezza il nostro paese, che quella che comincia con loro sarà l’epoca politicamente più felice dalla Guerra dei Cento Anni in qua. Li vedi, li ascolti, ti fai il segno della croce e ti chiedi da quale pianeta del sistema solare siano piovuti questi androidi e dove approderà quella loro nave nella quale tutti, dalla cambusa alla cima dell’albero maestro, litigano con tutti.

La mia generazione politicamente è nata quando De Gasperi con la sua DC travolse il Fronte Popolare: avevamo dieci anni, vivemmo la vicenda come una vittoria calcistica. Poi però abbiamo imparato ad entrare nelle pieghe dei problemi e la politica è diventata una passione lucida e incontenibile.

Ahimé! Tangentopoli insieme ai grandi corruttori ha travolto anche la nostra verginità politica, fresca dell’esaltante vicenda del “Compromesso storico” di Moro e Berlinguer.

Poi è arrivato l’Omino di Ceralacca, che purtroppo ha detto di voler bene  al suo e nostro paese; in realtà, tirando fuori una cofena di soldi, è riuscito a farci vivacchiare nella ngosciante banalità di una gestione dello stato ricalcata sulla gestione di un’azienda privata.

Lui, l’Omino di Ceralacca, aveva già in mente il momento in cui le sue idee sarebbero state predicate e corrette in TV non da un moderno, rude Giovanni Battista, ma da suffragette tutta panna, tipo Mara Carfagna o Anna Maria Bernini, che il loro tirocinio politico l’hanno fatto dal parrucchiere (ai-ai-ai! dove siete finite Marie Elette Martini, Nilde Iotti, Tina Anselmi, dove siete finite?!).

E va, la nave dei folli, odorosa di Giòrgio Armani. (Giò, con la “o” stretta, please!). Sulla tolda medita Toninelli: ma Montalbano e Zingaretti come fanno ad essere fratelli?