Accoglienza e ascolto

“Non passare oltre senza fermarti dal tuo servo”, dice Abramo -esprimendosi al singolare- ai “tre uomini” di passaggio davanti alla sua tenda. Queste parole della I lettura della XVI domenica del TO sono note per essere lo specchio del valore incalcolabile che è l’accoglienza.

Prima lettura

È l’inizio del capitolo 18 del libro della Genesi ed è stato appena descritto l’episodio della stipula dell’alleanza tra il Signore ed Abramo, stipula accompagnata dalla promessa di diventare “padre di una moltitudine di nazioni”. L’introduzione della scena non dà modo di mettere in discussione la sacralità dell’incontro (“il Signore apparve ad Abramo”) che vede partecipare Abramo con la corsa verso i “tre uomini” e con la prostrazione “fino a terra”.

Abramo in un certo senso quasi costringe i “tre” ad accettare la sua ospitalità tanto è grande il suo entusiasmo a cui fa seguito una generosissima ristorazione (tre staia di fior di farina, vitello tenero e buono, panna e latte) preparata con l’urgenza di chi ha paura di farsi scappare di mano la più grande occasione della vita (in pochi versetti leggiamo più volte il verbo ‘correre’, il sostantivo ‘fretta’ e l’avverbio ‘presto’).

E Abramo, durante il banchetto, “stava in piedi presso di loro”, cioè pronto per soddisfare le richieste degli Ospiti. La ricompensa a questa qualificata e ricca accoglienza è l’esaudimento della promessa dell’alleanza: “tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”.

Salmo

Il Salmo 14 rievoca l’ambiente della tenda e, come nella I lettura, anche in esso la tenda è sinonimo della presenza divina.

Tuttavia, in questo caso chi ospita è il Signore e l’Autore si premura di indicare i criteri per essere ammessi a questa singolare accoglienza come quello di avere timore del Signore, di non calunniare il prossimo, di non prestare a usura, …

LA PAROLA della Domenica

PRIMA LETTURA
Dal Libro della Genesi 18,1-10a

SALMO RESPONSORIALE
Salmo 14

SECONDA LETTURA
Lettera di Paolo ai Colossesi 1,24-28

VANGELO
Vangelo di Luca 10,38-42

Seconda lettura

Anche nella Lettera ai Colossesi si parla di accoglienza in riferimento allo spazio che i pagani danno nei loro cuori al messaggio evangelico. Questo è dovuto per lo più al prezzo che paga l’apostolo Paolo ossia alle “sofferenze” e ai “patimenti “ che sopporta a favore della Chiesa della quale è “ministro”, cioè responsabile di una missione che gli è stata affidata da Dio e che vede proprio la sua realizzazione “in mezzo alle genti”.

Vangelo

La pagina del Vangelo secondo Luca si apre con la notizia di una donna, Marta è il suo nome, che accoglie Gesù. La narrazione si fonda sul contrasto tra l’indole riflessiva di Maria che ascolta Gesùstando seduta ai Suoi piedi e la personalitàintraprendente di Marta affaccendata in “moltiservizi”.

Intanto notiamo che l’evangelista Luca è noto per riportare il binomio ospitalità-missione perché anche negli Atti riferisce numerosi episodi in cui i discepoli si trovano a svolgere l’attività evangelizzatrice presso le famiglie ospitanti (9,43; 10,24; 16,11; …).

Ebbene Gesù entra in casa di Marta e Maria e si mette ad insegnare, assolve cioè il ruolo di Maestro perché l’informazione che Maria era seduta ai Suoi piedi ci rimanda all’atteggiamento del discepolo seduto in un piano più basso rispetto al maestro. Anche dell’apostolo Paolo per dire che era stato formato alla scuola del maestro Gamaliele è scritto che “era stato cresciuto ai piedi di Gamaliele” (At 22,3).

Quindi pensiamo alla straordinarietà dell’episodio che vede coinvolte (nel I secolo d. C.!) una donna ospitante ed un’altra in veste di discepola, tenendo conto che alla donna non era permesso leggere pubblicamente la Legge di Mosè (TgMed IV, 11) e nemmeno aveva senso insegnargliela (Sot III,4) e che doveva solo occuparsi delle incombenze familiari come cucinare, lavare, cucire, … (Ket V,5).

Siamo perciò in una circostanza insolita: Gesù accetta l’accoglienza di Marta, Maria ne usufruisce per se stessa e Gesù anziché apprezzare Marta che sta facendo quanto ‘deve’ elogia Maria che “ascolta” e l’ascolto, nel significato di essere edotti in una materia, -secondo la consuetudine giudaica del tempo- è un atteggiamento attribuito agli uomini. In questa casa di Marta e Maria Gesù insegna, conferma Maria nel suo atteggiamento di ascolto e rimprovera Marta perché letteralmente ‘vive una grande tensione’. Non rimprovera Marta per il suo impegno, ma per il suo affannarsi.

Nelle traduzioni leggiamo che Maria ha scelto la parte migliore, ma in realtà il testo greco parla di parte “buona” (agaten) quindi non ce n’è una minore e una maggiore, ma solo una “buona”.

La ‘parte buona’ è quella di colui che “medita la legge dell’Altissimo” (Sir 38,34), non trascura i compiti pratici (Sir 38,1s) ma piuttosto riconosce nell’‘ascolto’ la priorità. Abramo ha accolto e ascoltato la parola dei “tre uomini”, Marta ha accolto e servito Gesù e Maria l’ha accolto ed ascoltato realizzando così la parte “buona”.

Il messaggio della Liturgia della Parola ci trasmette la fecondità e il beneficio che derivano dalla disponibilità all’accoglienza, ma un’accoglienza qualificata costituita non solo dalla premura e dai beni necessari, ma anche e soprattutto dall’ascolto di quanto ha da dirci l’Ospite, il Signore. E il Signore ci chiede ospitalità e comunica con noi attraverso i canali privilegiati della Parola, dei Sacramenti e nella veste dei bisognosi e degli stranieri (cf Mt 25), che ‘ieri’ come oggi si rivolgono a noi.

“Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (Eb 13,2).

Giuseppina Bruscolotti