di Tonio Dell’Olio
La Chiesa cattolica in Eritrea sta protestando con tre settimane di pubblica preghiera nelle strade del Paese. Le strutture sanitarie (ospedali, ambulatori,cliniche…) gestite dalla Chiesa eritrea hanno subìto l’irruzione dei militari del regime monopartitico di Isaias Afewerki, che ha cacciato via infermieri,medici, suore e personale sanitario e… ammalati.
Il personale di sostituzione non manca, grazie a quella particolarissima forma di ‘servizio militare perenne’ cui sono sottoposti i cittadini. L’Eritrea infatti può essere considerata una prigione a cielo aperto. Quelle strutture sanitarie costituivano una scialuppa di salvataggio per la popolazione.
Secondo i calcoli effettuati, nella trentina di strutture passano ogni anno circa 200 mila pazienti. Secondo voci sempre più insistenti, il Presidente ora pianifica di riservare lo stesso trattamento alle scuole cattoliche. La ragione sarebbe il dissenso che i Vescovi eritrei hanno manifestato in due recenti documenti sulla privazione di libertà per il popolo. Peccato che lo stesso coraggio manchi ai Governi stranieri, molto più interessati a fare affari con Afewerki che al rispetto dei diritti umani.