di Tonio Dell’Olio
Abdulrahman Milad, meglio conosciuto come “Bija”, viene indicato come il boss di Zawyah in Libia. Da tempo hanno imparato a conoscerlo anche i giudici della Corte dell’Aja, i quali hanno dimostrato che è lui a gestire i Lager che “ospitano” i migranti e l’organizzazione dei trasferimenti clandestini verso l’Italia.
Hanno steso un rapporto, e l’Onu ha disposto il blocco dei suoi beni. Nonostante questo, Bija continua a muoversi e operare liberamente con l’appoggio delle autorità libiche, come dimostrano le foto documentali di cui Avvenire è venuto in possesso. La sua abilità sta nella capacità di prendere i soldi contemporaneamente dal Governo italiano, dall’Unione europea e dagli stessi migranti.
Un vero trafficante di uomini, un pirata del terzo millennio. Nei prossimi giorni, nell’indifferenza e nel silenzio generale, il Parlamento approverà la rata annuale da trasferire al “Governo libico” sui 285 milioni di euro che devono essere versati entro il 2023 perché la Libia blocchi i migranti nelle acque di loro competenza. A questo si aggiungono gli 800 milioni dell’acquisto delle strutture e degli strumenti che siamo tenuti a fornire in seguito a quell’accordo.
A noi pare che l’unico a trarne reale e immediato vantaggio sia Bija, che se la gode.