di Alberto Campoleoni
Una ‘regola’ del giornalismo, purtroppo, è che la smentita (o la rettifica) di un fatto eclatante finito in prima pagina e capace di suscitare scalpore e interesse, difficilmente viene ripresa con la stessa evidenza.
Partiamo da qui per dare spazio all’annullamento della sanzione comminata settimane fa all’insegnante di Palermo ritenuta “colpevole” per un lavoro in classe dei suoi alunni, nel quale si paragonavano – si passi la semplificazione – le leggi razziali del fascismo al decreto sicurezza di Salvini.
L’insegnante era stata punita per non aver vigilato sul lavoro dei propri studenti, sospesa per 15 giorni senza stipendio e da più parti si erano levate proteste. Lo stesso ministro Bussetti aveva garantito un’indagine approfondita sulla vicenda. Bene, ora la sanzione è stata annullata dopo che gli avvocati della docente palermitana Rosa Maria Dell’Aria e alcuni dirigenti del Ministero si sono incontrati a Palermo per trovare una soluzione extragiudiziale alla sanzione subita dalla docente.
Sulla vicenda, grave, abbiamo già scritto, sottolineando come fosse necessaria una riflessione e una riconsiderazione dell’accaduto poiché in gioco vi erano questioni cruciali come la libertà di insegnamento e la dignità delle persone. Bene, dunque, il risultato, che dice almeno due cose: la prima riguarda lo spazio di libertà della scuola, da salvaguardare con cura e passione.
È nelle aule scolastiche che i nostri ragazzi si misurano con conoscenze e capacità critiche, anche incontrando il possibile rischio di venire omologati (e la prima mossa di uno Stato illiberale – lo insegna anche la storia del nostro Paese – è proprio mettere le mani sulla scuola e l’insegnamento). È qui che vanno tutelati beni fondamentali, non a caso finiti nella Carta costituzionale.
La seconda cosa che emerge dalla vicenda è che la nostra scuola – e il nostro Stato – ha ancora anticorpi validi di fronte a possibili rischi di derive illiberali. Il “pasticciaccio brutto” di Palermo si è risolto, la sanzione annullata. Un segnale positivo, che fa onore al nostro sistema scolastico, e non solo. L’inciampo c’è stato? Bene, anche la capacità di tornare indietro. Per questo vale la pena di dare rilievo alla notizia e non lasciarla alle poche, dimenticate, righe cui toccano le smentite.
C’è un’altra notizia di scuola di questi giorni, apparentemente molto meno “problematica” dei fatti di Palermo, ma densa di valori e di prospettive: la celebrazione per i duecento anni de L’infinito di Giacomo Leopardi. Migliaia di studenti e cittadini si sono ritrovati in tutta Italia, in piazze, strade, chiostri, istituti scolastici, per unirsi “a distanza” alla piazzuola del Sabato del villaggio di Recanati dove oltre 2.800 ragazzi, insieme al ministro Marco Bussetti e a Olimpia Leopardi, hanno recitato alcuni dei versi più conosciuti e amati della letteratura italiana.
Una poesia per unire l’Italia? Di più, un momento di celebrazione per la scuola e il suo compito: far conoscere, trasmettere, suscitare passione. Così il ministro Bussetti: “L’infinito è un punto di riferimento imprescindibile nel percorso formativo che i nostri giovani portano avanti da generazioni nell’iter scolastico.
È stato veramente un piacere, oltre che un grande successo, poter stimolare e suscitare riflessione critica, creatività ed espressività degli studenti. Abbiamo il dovere culturale e civile di conoscere il nostro passato, di custodirlo, di valorizzarlo. E di farlo rivivere nel nostro presente”. Appunto.