Vent’anni fa Giovanni Paolo II scelse Assisi per invitare i leader mondiali delle grandi religioni a pregare, ciascuno secondo la sua tradizione, per la pace, e vi è tornato per due volte, sempre per la pace. Ne parliamo con il vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino. Papa Benedetto XVI ha inviato un messaggio al meeting di Sant’Egidio agli inizi di settembre. Lei lo commenterà in occasione del convegno dell’Ita. È un testo di conferma o ci sono delle precisazioni sul come intendere e portare avanti il dialogo con le religioni? ‘Va innanzitutto precisato che, pur letto al Meeting organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, quel messaggio si riferisce a tutte le iniziative che commemorano l’anniversario. Il Papa fa esplicita menzione di quella prossima organizzata dai vescovi dell’Umbria e dall’Istituto teologico di Assisi, e a quella che si farà in novembre su iniziativa del Pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso. Io stesso provvederò a ripresentarlo e a illustrarlo in occasione di questi convegni. Con il messaggio a me indirizzato, come vescovo di Assisi, il Papa ha voluto in qualche modo rendersi spiritualmente partecipe alla celebrazione di questo ventesimo. Ha innanzitutto sottolineato il significato profetico dell’iniziativa di Giovanni Paolo II nel 1986. Ha fatto poi alcune riflessioni importanti, sul significato della preghiera per la pace e sulla pedagogia della pace. In particolare ha chiarito, sulle orme dello stesso Giovanni Paolo II, che una tale iniziativa di preghiera non potrebbe in alcun modo assumere dei contorni di sincretismo, e non ha nulla a che vedere con una concezione relativistica della religione. Da questo punto di vista, il documento è anche una messa in guardia rispetto a simili derive, che non sono certamente presenti nell’iniziativa in sé, ma potrebbero emergere da unilateralità mediatiche o da tentativi di strumentalizzazione’. Quale è l’eredità, l’influenza di queste visite nella vita della diocesi? ‘Quella giornata è stata di grande significato per l’intera Chiesa, ed ha anzi varcato i confini della Chiesa. È ovvio che la diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino è stata coinvolta in modo speciale, e ne ha tratto sicuramente un vantaggio di sensibilizzazione e formazione. Il riferimento al cosiddetto ‘spirito di Assisi’, quale impegno di preghiera per la pace, in un orizzonte di dialogo tra persone, culture e religioni, appartiene ormai al patrimonio spirituale di questa nostra Chiesa. È un’eredità e una responsabilità’. C’è un legame tra l’ottavo centenario della conversione di san Francesco e il ventennale dell’incontro di preghiera del 1986? ‘Di per sé si tratta solo di una coincidenza provvidenziale. Ma ad essa ha fatto riferimento il Papa nel Messaggio che ha inviato per la circostanza, mettendo in evidenza che i due anniversari si illuminano reciprocamente. In effetti, non ci sarebbe spirito di Assisi senza Francesco di Assisi, senza la sua conversione a Cristo, senza la sua spiritualità. Ritornare alla conversione di Francesco significa ritrovare le radici che spiegano anche il suo atteggiamento e la sua testimonianza come uomo di dialogo e di pace’. Il 26 ottobre ci sarà anche una preghiera di tutti i vescovi umbri sulla tomba di san Francesco. Segno che l’evento del 1986 coinvolge tutta la Chiesa umbra? ‘Non poteva essere diversamente. Non solo Assisi, ma l’intera Umbria è particolarmente segnata dalla figura di Francesco, ed era naturale che le Chiese umbre si manifestassero particolarmente sensibili a celebrare, nella preghiera, un anniversario che continua a proiettare luce sul modo di essere della Chiesa nella grande causa della pace’.
Il mondo chiede ancora pace
ASSISI 1986 - 2006. Il significato dell'evento secondo l'arcivescovo Sorrentino
AUTORE:
Maria Rita Valli