A cominciare da domenica 12 maggio l’iniziativa delle Domeniche fuori porta si svolgerà dalla parrocchia di San Pietro a Spoleto.
Fra le chiese di valore storico della parrocchia c’è quella della Madonna di Loreto.
La storia
Nel 1537 lo spoletino Giacomo Spinelli, devoto alla Santa Casa di Loreto, fece erigere una piccola cappella nei pressi della Porta San Matteo a Spoleto. Incaricò di affrescarla il pittore Jacopo Siculo, che a quei tempi risiedeva a Spoleto. Vi dipinse la Madonna di Loreto col bambino seduta sopra la Santa Casa, tra S. Sebastiano e S. Antonio.
La devozione
L’immagine ebbe subito grande venerazione, in quanto si narra che il volto della Vergine fosse stato portato a termine, in assenza del pittore, per intervento divino. La devozione degli spoletini alla Madonna di Loreto crebbe incredibilmente a partire dal 1571 quando, nella notte tra il 20 ed il 21 aprile, la città fu scossa da un terribile terremoto, cui seguì uno sciame sismico che sembrava non finire mai.
Il popolo, terrorizzato, ricorse all’intercessione della Madonna e le scosse cessarono. La tradizione narra che in tale circostanza molti videro l’immagine della Madre di Dio muovere gli occhi. Tra questi il vescovo Fulvio Orsini che si adoperò affinché venisse costruito un grande tempio, che inglobasse al suo interno la cappella (alla stregua della basilica di Santa Maria degli Angeli con la Porziuncola).
La costruzione del santuario
Il progetto fu commissionato all’architetto Annibale de’ Lippi. Il 4 ottobre 1572 fu posta la prima pietra e nel 1621 la chiesa fu consacrata dal vescovo Lorenzo Castrucci. In quegli anni si verificarono tutta una serie di miracoli, puntualmente documentati nell’opera pubblicata nel 1621 dal Barnabita don Ignazio Portalupi. La chiesa divenne frequentatissima, tanto che da Roma si dovette precisare che il vero santuario di Loreto era quello delle Marche e non quello di Spoleto.
Per far fronte al grande afflusso di popolo, la sua custodia fu affidata nel tempo a vari Ordini Religiosi: dapprima i Chierici Regolari di S. Paolo (detti Barnabiti), poi gli Agostiniani, infine i Francescani (prima i Conventuali e poi i Cappuccini). Per rendere più agevole e riparato dalle intemperie il cammino dei fedeli, nel 1691 si iniziò la costruzione di un portico lungo circa 300 metri, che tuttora collega il centro della città alla chiesa.
A partire dal 1796, nel tempio furono più volte alloggiati i militari, che arrecarono danni alla struttura e agli arredi. Negli ultimi anni del secolo scorso l’immagine della Madonna era ormai quasi totalmente coperta dal fumo e dalle incrostazioni e i Santi Sebastiano e Antonio non erano più visibili. Nel 2008 il Rotary Club di Spoleto sponsorizzò il restauro che permise di restituire all’immagine l’originaria bellezza.
Il 27 novembre 2011 l’arcivescovo Renato Boccardo ha conferito alla chiesa il titolo di Santuario diocesano. Da sottolineare che attiguo ad esso c’è l’ospedale cittadino.
Attualmente la chiesa è inagibile a causa dei terremoti del 2016.
I miracoli
Riportiamo qui la descrizione di due miracoli che fece don Ignazio Portalupi, testi che sono stati pubblicati all’interno del volume “La Madonna di Spoleti” di don Giampiero Ceccarelli.
Il miracolo della donna nata lebbrosa
“Vi hebbe in un luogo chiamato l’Acera, Diocesi di Spoleti, una donna per nome Lorenza di Pascolina, la quale essendo nata lebbrosa, overo come in questi paesi si suol dire, infetta dal mal di San Lazaro, del più contagioso e pestilenziale che si trovi, quanto più cresceva nè gli anni, tanto più peggiorava nell’infermità sua. … stando una notte dormendo, le parve di trovarsi nella Cappella della Madonna di Loreto fuori Spoleti, e che le favellasse quella benignissima Madre a cui si era sì affettuosamente raccomandata e le promettesse di volerla guarire.
Ma che farò, disse ella per guarire, a che le parve che replicasse la Vergine: “Vattene via; Và et lavati.” … Se ne tornò qunque a Spoleti più affannata che mai, e fece capo alla casa di un certo Fedro Scevola, dove havendo raccontato a Rampilla sua moglie, donna molto pia, e da cui ella haveva ricevuto molte carità, la visione occorsale, intendendo quella il gergo le disse: “Lorenza, la Madonna ha voluto dire, che tu ti lavi nella sua acqua. Imperochè pochi dì sono, mentre sei stata all’Acera, si è scoverta un’acqua vicina alla Cappella, con cui lavandosi son guariti molti infermi”.
Venne dunque la lebbrosa, appigliandosi al consiglio della sua albergatrice, et interprete della visione, all’acqua e si lavò con essa non più di due volte, quando, e chi non istupisce di meraviglia cotanta, in capo di tre giorni rimase a pieno monda, e netta, essendole stata restituita la carne.”
La guarigione del ragazzo che a 5 anni cadde rovinosamente e rimase “tutto infranto”
“Nacque Giovanni Franchinetti nel Lago Maggiore, che è nello stato di Milano, et essendo di età non più di cinque anni in circa, fu condotto da suo Padre, che era muratore, in queste parti. Nel qual tempo essendosi fermato a Terni per la fabbrica di una casa, occorse che stando detto garzonetto sopra un alto muro, porgendo pietre al Padre, se ne cadde repentina, e rovinosamente con tanto precipitio, che poco vi mancò, che non restasse privo di vita e tutto quanto infranto.
Restò bene affatto privo delle gambe e delle braccia, quali con molte deformità, se l’erano anco stravolte, e ritorte indietro. Se ne stette in questo termine senza poter’andare ne valersi di se più che se fosse uno morto cadavero, in cosa alcuna, lo spatio di ben sedici anni; in quattordici dei quali che sopravvisse il padre, era solito portarlo in spalla specialmente per Roma, chiedendo la limosina, …
Hor dopo d’esser stato questo poveretto in molti altri luoghi di devotione senza alcun frutto, o miglioramento, havendo risaputo i miracoli che operava la purissima Vergine fuor di Spoleti vi si fece portar da i suoi compagni, … posciachè essendosi poi costui fermato nella Cappella della Madonna, appoggiato nella sua barella, nella quale era stato portato, forsi un quarto d’hora, esponendole humilmente il suo bisogno si sentì scorrere un certo che per la vita, che egli stimò esser il sangue, e realmente era la virtù soprannaturale, et il soccorso Divino, che gli veniva dal Cielo.
Stupì egli per la novità del fatto, e stato così fra se stesso buona pezza pensoso et perplesso, all’ultimo si risolse di voler far prova di se stesso; e fu tale la prova che drizzandosi in piedi cominciò a camminar da sé, e si trovò sano e libero si delle gambe come delle braccia, che ritornarono al suo luogo naturale.”