Dopo il solenne annuncio di inizio del Sinodo diocesano, in cattedrale, nel mese di ottobre saranno definiti calendario e strumento di lavoro, numero e coordinatori dei gruppi di lavoro e quanto altro necessario per lo svolgimento dell’assise. La prima assemblea sinodale si terrà in novembre. Ne parliamo con mons Gualtiero Sigismondi, vicario generale della diocesi e Segretario generale del Sinodo. Don Sigismondi, a che punto siamo? ‘Stiamo per partire. In questo momento così impegnativo dobbiamo evitare due pericoli, quello di esagerare l’importanza del Sinodo e quello di relativizzarne il significato. Ognuno di questi due atteggiamenti non risponde alla verità dell’iniziativa che il Vescovo ha voluto prendere a conclusione, a sigillo, della visita pastorale’.Esagerare l’importanza. Un esempio? ‘Pensare che il Sinodo sia una rivoluzione copernicana. Il Sinodo deve rispondere a questa domanda: in questo momento così delicato quali sono le scelte pastorali che è necessario compiere per camminare verso la prospettiva della nuova evangelizzazione? Ci sono dei tagli da fare, delle scelte da compiere. Il Vescovo queste scelte le vuole fare dopo aver ascoltato l’assemblea sinodale. A lui spetta la responsabilità dell’ultima parola, però la penultima la vuole sentire dall’assemblea sinodale’. I sinodali saranno quindi invitati a discutere su come essere Chiesa, anche di organizzazione, e poi anche di contenuti? ‘Direi che prima dovranno affrontare i contenuti. Il Sinodo è una grande scuola di ecclesiologia, è il luogo in cui i sinodali avranno l’occasione di fare Chiesa, di rimettere a fuoco quello che il Concilio ha detto sulla Chiesa, traducendo in esperienza vissuta quello che si chiama ‘discernimento comunitario’. Quindi prima ancora delle scelte da fare, i sinodali saranno invitati e aiutati a scoprire più da vicino il mistero e il volto della Chiesa. Dentro questa consapevolezza rinnovata poi sarà più facile individuare la strada che conduce ad esplorare la frontiera della nuova evangelizzazione’. Cosa si aspetta il vescovo dal Sinodo? ‘Si aspetta soprattutto che questa nostra Chiesa riscopra la bellezza dell’essere mistero di comunione. La parola stessa, Sinodo, ci insegna che la Chiesa è chiamata a ‘camminare insieme’: l’accento poggia su questo ‘insieme’. L’amore di Cristo ci spinge a camminare insieme. Questo è il motivo di fondo che accompagna il cammino sinodale. Noi potremo anche fare delle scelte pastorali nuove, ma non saranno profetiche se manca il sigillo di garanzia della comunione’. ‘ Che è anche forza della testimonianza”Con una battuta potremmo dire che dobbiamo evitare che la nostra arcidiocesi sia un arcipelago! Si tratta di una battuta un po’ forte, che esprime la preoccupazione che vi siano tante realtà belle, tante membra che però non fanno corpo. Questa è la sofferenza più grande’. È un problema di relazioni umane, perché la Chiesa è fatta di uomini, o di comprensione di questo ‘mistero’ che è la Chiesa? ‘Purtroppo è un problema di comprensione della Chiesa. È chiaro che le relazioni umane acuiscono questo problema. Una parrocchia non si dà senza diocesi, un movimento non si dà senza il suo inserimento in parrocchia. Fino a quando noi non cominciamo a mettere a fuoco questi dati elementari e non li traduciamo in scelte concrete, rischiamo di fare tante iniziative prive di iniziativa perché manca l’iniziativa dello Spirito, che dimora là dove c’è il gusto, la gioia dell’insieme’. La triste vicenda di don Stefano Ciacca sta in qualche modo influendo anche sul Sinodo? ‘Aprendo la messa della Madonna delle Grazie ho citato un’espressione dell’apostolo Paolo: ‘Se un membro soffre tutte le membra soffrono insieme’. Quell’insieme nel soffrire è stata già in qualche modo una prova sinodale. Prova nel senso di sofferenza ma anche nel senso di compattezza, di unità che abbiamo sperimentato. Il Signore non converte il male in bene, ma ricava il bene dal male’. Tornando alla finalità del Sinodo”Due cose il sinodo dovrà realizzare a partire da quella fondamentale del fare Chiesa: riscoprire l’essenziale nel lavoro pastorale e compiere scelte pastorali profetiche. Siamo in una situazione d’emergenza, ma non è l’emergenza che deve farci aguzzare l’ingegno. È la profezia che deve stimolare la nostra ricerca delle soluzioni. E tutto ciò tenendo presente che la profezia non vuol dire inventare cose nuove ma saper coniugare, come dice il Vangelo, nova et vetera. Siamo inseriti in un solco, che è la tradizione della Chiesa, che va in avanti, verso Cristo’. Ci vuole molta franchezza per poter trovare il nuovo, occorre avere il coraggio di dire cose che normalmente non si dicono, per quieto vivere, in un confronto franco e schietto che non diventi una bagarre. ‘Il confronto schietto nasce se sappiamo che cosa è la Chiesa, perché ognuno sa qual è il suo posto. Mi piace ripetere, con una battuta, che il Sinodo non potrà essere un’assemblea parlamentare’. Cosa vuol dire che non sarà assemblea parlamentare? ‘Che non sarà il criterio della maggioranza che porterà a fare delle scelte. Il criterio è la convergenza, che significa che tutti devono avere l’audacia di esprimere la propria posizione, mantenendo una certa diffidenza nei confronti del proprio giudizio, sapendo che l’ultima parola spetta al Vescovo che ha la grande responsabilità di fare sintesi, che non è la somma dei pareri. Perché non funzionano i Consigli pastorali? Perché non abbiamo messo a fuoco la categoria del discernimento comunitario. Il Vescovo non è un sovrano assoluto che vincola la Chiesa a chissà quali decisioni. È colui che è in prima linea nel farsi vincolare dalla Parola di Dio’.
Sinodo: i suoi limiti, la sua funzione
Non è una rivoluzione né un Parlamento - specifica don Sigismondi - ma fornirà le basi per le decisioni del Vescovo
AUTORE:
Maria Rita Valli