Dopo lo sciopero dei giovani per il clima

di Paolo Giulietti*

Venerdì scorso in Italia hanno partecipato allo “school strike for climate” circa un milione di studenti, in 235 raduni organizzati. Numeri importanti per una manifestazione che aveva lo scopo di lanciare un messaggio forte ai responsabili della politica e dell’economia: il mondo appartiene anche alle generazioni future, che hanno il diritto di riceverlo in condizioni decenti. È quella “solidarietà verticale” che le scelte – o meglio l’assenza di scelte – del mondo adulto stanno mettendo in discussione.

È importante notare che l’inerzia o la “debolezza delle reazioni” dei Governi è uno dei fenomeni che Papa Francesco elenca nel primo capitolo della Laudato si’ come estremamente preoccupanti. Egli stesso si domanda: “Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?”.

Ben fatta, dunque, la mobilitazione giovanile per il clima. E brava l’adolescente svedese Greta Thundberg, che ha deciso di darsi da fare in prima persona, convinta – come hanno scritto in uno striscione a Torino – che “non si è mai troppo piccoli per fare la differenza”.

A questo punto una domanda è d’obbligo: tutto questo farà davvero la differenza? Basterà un giorno di mobilitazione globale per cambiare le cose? Ascolteranno, i potenti, la voce delle nuove generazioni? Si tratta, infatti, di avviare cambiamenti non semplici né indolori nella modalità di produrre, di consumare e di vivere di miliardi di persone.

Papa Francesco parla di una “conversione ecologica”; e le conversioni, si sa, raramente vanno via lisce. Bisogna decidere, cioè tagliare, trasformando abitudini, modelli, stili di vita… L’esito dello sciopero, pertanto, dipenderà dall’impatto che esso avrà in primo luogo nelle scelte dei giovani e delle loro famiglie.

La politica, infatti, ragiona in termini di consensi, per cui le agende elettorali e i “contratti” di governo evolveranno in senso ecologico solo se un popolo consapevole legherà il proprio voto a programmi in cui la custodia del creato e le relative misure assumano un posto sempre più centrale.

Anche l’economia si trasforma al mutare della domanda: ricerca, sviluppo e produzione sono infatti fortemente influenzate dalle aspettative e dalle richieste dei consumatori: è il “voto col portafoglio” citato anche nella Laudato si’ . Non bisogna infine dimenticare le conseguenze globali dei comportamenti quotidiani, che possono produrre sull’ambiente effetti positivi o negativi di grande portata.

Nonostante le apparenze, la palla è quindi rimasta nel campo dei manifestanti, perché la vera sfida è quella di generare un cambiamento culturale – una conversione, appunto – capace di far sorgere una politica e un’economia diverse. Perché ciò accada, i nostri ragazzi non vanno lasciati soli, ma accompagnati a tradurre desideri sacrosanti e sogni in percorsi praticabili e quotidiani, fatti di studio, di impegno personale, di stili di vita intelligenti e sobri, di una solidarietà “verticale” e “orizzontale” praticata prima di essere chiesta.

Il “pensiero globale”, insomma, deve farsi “comportamento locale”. In una società individualista e consumista – non nascondiamocelo! – questo è un cammino molto difficile anche per i giovani, che pure hanno dalla loro parte l’entusiasmo degli ideali.

Si potrebbe cominciare dal rileggere insieme con loro, adulti ed educatori, la Laudato si’ .

* Vescovo eletto di Lucca