Con serafica concretezza

Convegno di Verona: il contributo delle diocesi umbre. Ne parliamo con l'arcivescovo mons. Riccardo Fontana

Il Convegno ecclesiale di Verona è oramai alle porte. Dopo tante parole, giornate di studio, relazioni scritte, finalmente i cattolici italiani si riuniranno in assemblea per gettare le basi della Chiesa italiana per i prossimi dieci anni. Anche l’Umbria ha fatto la sua strada in vista dell’appuntamento e sarà ben rappresentata in terra veneta. Per capire meglio cosa la nostra Regione avrà da dire, chiediamo a mons. Riccardo Fontana, arcivescovo di Spoleto-Norcia e delegato dei vescovi umbri per il convegno ecclesiale, il cammino fatto dalle diocesi umbre. Eccellenza, come si sta preparando l’Umbria al grande convegno di Verona? ‘È stata una meraviglia constatare come per un anno intero le nostre otto Chiese sorelle hanno lavorato, ognuna con il proprio stile, sulla tematica del convegno. Lunedì 11 ottobre, attorno all’Arcivescovo presidente della Ceu e agli altri pastori della regione, i ‘delegati umbri’ che andranno al convegno ecclesiale si troveranno insieme, presso l’abbazia dei santi Felice e Mauro a Sant’Anatolia di Narco, per concordare le priorità da rappresentare nei vari ambiti di lavoro. A tutti verrà distribuita la sintesi dei lavori preparatori, che ogni Chiesa diocesana ha redatto in vista dell’evento nazionale’. Una sorta di carta d’identità della regione ecclesiastica umbra? ‘Proprio così. Il documento rappresenta una forte unità tra le otto diocesi con la ricchezza di diversità che costituiscono lo specifico di ogni aggregazione ecclesiale’. Quali gli elementi che contraddistingueranno l’Umbria dalle altre Chiese? ‘La convinzione che i santi esprimono in modo veramente forte l’identità della nostra regione. I martiri, i monaci e gli eremiti – principalmente la tradizione benedettina -, il francescanesimo e la proposta agostiniana sono chiavi di lettura delle nostre radici: i santi Benedetto e Francesco sono i pilastri della storia comune delle nostre Chiese diocesane. Santa Maria, con l’armoniosissima variazione dei nomi con cui è invocata, è ancora vicina a gran parte del nostro popolo’. Quindi non è vero che la fede, come molti sostengono, sia distante dalla gente? ‘L’Umbria è in controtendenza rispetto a quanti descrivono la crisi della fede e il distacco della Chiesa dalla vita del popolo. Occorrerà far presente a Verona che, accanto alle difficoltà comuni a tutte le altre Chiese d’Italia, noi abbiamo una costante presenza di pellegrini: in Assisi, a Cascia, a Collevalenza, a Canoscio, ma anche nei moltissimi luoghi della preghiera che abbondano in tutta l’Umbria. La pietà cristiana del nostro popolo si esprime nei gesti della tradizione, ma deriva dalla grande teologia dell’Incarnazione, che è contributo comune della maggior parte dei nostri santi’. L’Umbria terra di concretezza. Sarà possibile esserlo anche a Verona? ‘La concretezza che appartiene al carattere degli umbri, non solo in passato ha espresso in abbondanza il segno della carità, ma anche oggi è presente. Non vi è diocesi che anche in questi tempi complessi non stia sostenendo opere segno della fede. A tutti noi è comune l’impegno a far tesoro delle grandi istituzioni caritative del passato, principalmente del ‘900 come il Serafico di Assisi, l’Alveare di Cascia, il Crispoldi di Todi, le opere delle suore della Sacra Famiglia in tutto il territorio regionale e tante altre in ogni singola diocesi. A manifestare l’unità di intenti della nostra regione valga la scelta di presentare come testimone di vita santa il servo di Dio Vittorio Trancanelli, il medico perugino che, appena nel decennio passato, è morto combinando insieme la professione di medico e la carità’. Caritas italiana, nel suo cammino in vista di Verona, ha più volte citato come esperienza di comunione la Caritas umbra. Un bel segnale. ‘Certamente. Dall’esperienza del terremoto del 1997 le nostre Caritas hanno trovato una grande sinergia. È nata la presenza in Kossovo, dove attorno a un continuo pellegrinaggio di nostri volontari, Massimo e Cristina, a nome delle nostre Chiese, hanno allargato la loro famiglia accogliendo 26 bambini orfani e alcuni diversamente abili. Ancor più grande è la rete dei gemellaggi e dei rapporti che le nostre diocesi, soprattutto attraverso i ragazzi, stanno tenendo con varie diocesi in terra di missione. Un’esperienza specifica che potremmo raccontare a Verona come segno di speranza sono, ad esempio, i ‘casolari della carità’, dove le otto Chiese sorelle lavorano assieme: a Foligno, che è la casa regionale, a San Fatucchio di Perugia-Città della Pieve, a Villa San Faustino di Orvieto-Todi, alla Fattoria della Misericordia di Spoleto-Norcia. Già altre sono in via di realizzazione e il modello umbro è stato valorizzato e rilanciato dalla stessa Caritas italiana, anche in vista dell’importantissimo convegno ecclesiale’. In due parole, la Chiesa italiana va a Verona per”A chi volesse sapere da noi che cosa andiamo a fare a Verona, ci sarebbe facile rispondere con la felice espressione di san Pietro nella sua prima lettera: andiamo a dare ragione della speranza che è in noi’.

AUTORE: Francesco Carlini