di Daris Giancarlini
L’anomalo connubio politico Legacinquestelle (che prima delle elezioni del 4 marzo avevano più volte ribadito la reciproca volontà di non governare mai insieme) continua a stuzzicare la curiosità di analisti e commentatori. Alcuni, prospettando una fine a breve termine dell’Esecutivo gialloverde, arrivano a definire leghisti e grillini come due ‘tribù’ troppo differenti per stare insieme a lungo.
Altri politologi prevedono che a staccarsi dall’attuale maggioranza sarà la Lega, sull’onda magari di un successo schiacciante alle regionali di Abruzzo e Sardegna di questo febbraio e, soprattutto, nella tornata europea di fine maggio. E che quindi nella seconda metà di quest’anno ci sarà un governo di centrodestra con a capo Salvini, e all’opposizione il M5s, imperante su un ancor più ridimensionato Partito democratico.
Previsioni legittime e plausibili, fino alla prova del contrario. Ma forse inficiate da un punto di vista che privilegia l’analisi incentrata sui vertici delle due compagini, più che sulle rispettive basi elettorali. Insieme, alle ultime elezioni politiche Lega e cinquestelle avevano ottenuto il 50 per cento circa dei consensi (era andato a votare il 73 per cento degli elettori).
Nei sondaggi attuali (che soprattutto alcuni Tg nazionali illustrano ogni settimana, contribuendo a far crescere la sensazione che la differenza tra intenzioni e realtà sia annullata…) i due partiti assommano al 60 per cento. Il M5s dal 33 per cento del voto del 4 marzo sarebbe sceso intorno al 27, e la Lega a trazione salviniana sarebbe aumentata dal 17 per cento del voto reale fino al 33 per cento virtuale.
Quindi, mentre i capi leghisti e grillini continuano a litigare su grandi opere e altre tematiche (come la richiesta di rinvio a giudizio per il ministro dell’Interno per il caso Diciotti), il gradimento degli elettori – dando credito ai sondaggi – non soltanto si consolida ma cresce. A dimostrazione ulteriore che l’attuale consenso per le due forze a decisa caratterizzazione populista e sovranista, più che a rivendicazioni di carattere economico o sociale, fa riferimento a pulsioni e sentimenti che si radicano direttamente, e profondamente, nello stato d’animo delle singole persone.
Il tutto amplificato, dilatato e rilanciato dai social media, vasto e accogliente terreno dove i messaggi indirizzati alla ‘pancia’ hanno maggiore presa di quelli che si dirigono al cervello e al cuore.
Questo 60 per cento santificato dai sondaggi dovrebbe preoccupare non poco un’opposizione di sinistra, dove (anche qui, come nella maggioranza) c’è una percentuale intorno al 20 per cento di elettori che continua – viene da dire: inspiegabilmente – a dare fiducia a un partito come il Pd dove, un anno dopo la batosta del 4 marzo 2018, una oligarchia senza progetti e senza nerbo continua a profondere le poche energie soltanto per sbarrare la strada al nemico interno. Con questo vuoto a sinistra, prevedere che il governo Lega-M5s possa cadere a breve sembra quanto meno poco realistico.