Nell’articolo precedente abbiamo segnalato la rilevanza che una parte crescente di opinione pubblica tende ad attribuire alla sostenibilità della crescita, grazie alla quale, come si afferma nel Rapporto Brundtland (della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, 1987), il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente non comprometta il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future.
I quattro pilastri su cui si fonda questo concetto sono l’ambiente, l’economia, le istituzioni e la questione sociale. Di essi occorre garantire una gestione appropriata, mantenendo tra loro un corretto equilibrio, perché il venir meno di uno solo di essi potrebbe determinare l’insostenibilità complessiva del processo di sviluppo. In corrispondenza, si è affermato uno schema concettuale basato su quattro diverse forme di capitale, appunto naturale, economico, umano e sociale.
L’impegno collettivo deve essere volto a impedire che il depauperamento di queste forme di capitale determini la suddetta insostenibilità. Per puntare a questo risultato, occorre formulare e attuare politiche proiettate nel medio e lungo periodo, per cercare di cogliere il futuro verso cui tende il sistema economico e sociale.
Ciò purtroppo è il contrario di quanto osserviamo, anche in Italia, in economia, che va alla ricerca di profitti immediati, e in politica, in cui ogni sforzo mira a catturare il consenso degli elettori nel prossimo turno. C’è bisogno di una politica che pensi con una visione ampia e che sposi un approccio integrale ai problemi.
Italia ancora lontana
Gli Obiettivi di uno sviluppo sostenibile (Sdg), che abbiamo elencato nell’articolo precedente, riflettono appunto questo impegno a garantire un livello sostenibile delle quattro forme di capitale prima ricordate. L’Italia risulta molto distante dagli Obiettivi riguardanti la povertà, la salute, l’energia, le disuguaglianza, le performance economiche, lo stato delle infrastrutture e delle città.
Secondo gli studi dell’Asvis (Alleanza per lo sviluppo sostenibile, istituita in Italia nel 2016) risulterebbe impossibile per l’Italia raggiungere gli Sdg in assenza di una radicale trasformazione del “sistema Paese”.
Per mettere il Paese in grado di fronteggiare i mutamenti, gli shock che ci attendono, occorre imboccare la strada di una coraggiosa, profonda trasformazione – si pensi agli effetti dell’automazione e del cambiamento climatico su una popolazione invecchiata e disillusa sull’efficacia di politiche già sperimentate in passato.
Come suggerisce Giovannini, occorrono dunque politiche “trasformative”, lungo quattro direttrici di “trasformazione fondamentale di carattere sistemico, riguardanti il sistema energetico, il sistema produttivo, il sistema educativo e il sistema fiscale”.
Principalmente, si tratta di diffondere l’economia digitale e circolare (5) verso la piena circolarità, su tutte le fasi, e la formazione lungo tutto il ciclo di vita delle persone; di rafforzare lo studio delle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica); di aumentare il numero di laureati, garantire un’alternanza scuola-lavoro di qualità, riorientare entrate e spese fiscali allo sviluppo sostenibile, contrarre l’evasione fiscale e contributiva (continua a leggere sull’edizione digitale de La Voce).
Pierluigi Grasselli