Colui che siede per divina disposizione sulla cattedra più alta che esista sulla terra, la cattedra di Pietro, si emoziona di trovarsi di nuovo seduto (il 12 settembre) sulla cattedra dell’Università di Ratisbona, dove a suo tempo insegnò Teologia dogmatica, e tenere ancora una volta una lezione accademica. Umano, molto umano. E la lezione scorre con puntigliosità di docente che promette a suo tempo anche una redazione definitiva corredata di note. Ciò significa che la battaglia che Benedetto XVI va facendo a difesa della verità cristiana non è solo un compito di ruolo, ma una sfida che lui ha intrapreso personalmente, come sta a dimostrare la sua produzione teologica. Oltre che una sfida è anche una passione che gli arde come nei filosofi greci che parlavano di un fuoco interiore, quello del logos eracliteo, il fuoco della parola profetica che urge nel petto di Geremia, e soprattutto la luce del logos di Giovanni. Non c’è da continuare come in passato a seguire l’assillo, sviluppato in varie fasi, di de-ellenizzare la fede cristiana e le sue espressioni teologiche e letterarie dei Padri. Ratzinger vede persino nella traduzione greca dei Settanta della Bibbia un provvidenziale incontro con la cultura greca. Quello che lui teme è il mito, la mitologizzazione della fede che la porterebbe fuori dell’orbita del logos e, quindi, nel cielo dell’irrazionale, del subculturale, che non ha dignità di intellezione razionale. Così pure il decadimento da un Dio amante della vita, della mente e della sapienza, colui che ha fatto tutto con ordine, peso e misura, in un Dio – Arbitrio, il Dio del volontarismo arbitrario e onnipotente. In questo modo avrebbero ragione gli illuministi, i positivisti, gli scientisti che riducono la ragione a scienza. Ma – afferma Ratzinger – nella sua profonda lezione, nello stesso tempo, storica, filosofica e diretta a convergere sulle problematiche attuali – i conti non tornano, la scienza non spiega ciò che maggiormente interessa e preme, essa elude i grandi interrogativi della religione e dell’ethos: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, il senso del vivere e del morire, del bene e del male, dell’origine e della (del) fine. Tali interrogativi verrebbero spostati nell’ambito del soggettivo, perdendo la loro forza di costituire e guidare una comunità. Sembra che Ratzinger stia offrendo modalità per la ricerca di risposte adeguate in aperta contraddizione alle diffuse banali soluzioni che a queste domande danno alcuni biologi evoluzionisti in vesti filosofiche, secondo i quali ormai la scienza ha risolto tutti i problemi sull’origine e la fine dell’uomo senza ricorrere a nessun artefice celeste. La scienza avrebbe dimostrato che siamo degli animali, veniamo dall’Africa e siamo destinati come specie a scomparire (Biondi, Uomini per caso). Ratzinger, d’altro canto, ha ricordato che al tempo in cui lui era professore a Bonn un arguto suo collega disse che in quella università c’erano due facoltà, la filosofia e la teologia, che si occupavano ambedue di una cosa che non esiste, cioè di Dio. È un’opinione ritornante, quindi una specie di vezzo dire che la religione è fuori dalla ragione. Forse ci sono pure delle religioni che sono lontane o contrarie ad essa. Alcuni aspetti o comportamenti delle religioni possono trovarsi in contrasto con il logos. Per esempio quando in nome di Dio si ricorre alla violenza. La violenza è contraria a Dio e all’anima e non può essere giustificata da un motivo religioso, come la punizione o la conversione degli infedeli. Ciò sarebbe in contrasto non solo con la morale cristiana e di altre religioni, ma anche con il detto del Corano: ‘Nessuna costrizione nelle cose di fede’ (sura 2,256). La costrizione può valere per i corpi ma non per l’anima. Tutto il discorso del professor Ratzinger parte dalla frase dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo che, in dialogo con un persiano, avvenuto forse nel 1391, afferma: ‘Non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio e alla natura dell’anima’. Questa è una concezione cristiana che trova la sua affermazione fondamentale nelle prime righe del Vangelo di Giovanni: ‘In principio era il logos’ : logos che significa insieme ragione e parola. Benedetto XVI con questa lezione ha voluto ribadire la dignità della fede religiosa sul piano della conoscenza razionale e riposizionarla nel circuito del dialogo tra le culture, liberandola dai ghetti della subcultura, della superstizione, del fanatismo fondamentalista e violento, in cui molti pretendono di relegarla. Un servizio all’uomo prima che a Dio, alla ragione prima che alla fede, alla pace, esorcizzando ogni ricorso sacrale o eroico alla violenza inferta o subita.
Il nostro principio? È il Logos
Benedetto XVI in Germania parla ai professori dell'Università di Ratisbona dove insegnò la teologia dogmatica
AUTORE:
Elio Bromuri