“C’est fini”. A terra i migranti della Sea Watch e Sea Eye, ma l’Italia…

La lunga e penosa odissea delle 49 persone a bordo delle navi delle Ong Sea Watch e Sea Eye si è conclusa il 9 gennaio, dopo 19 giorni dal salvataggio delle prime 32 persone e un lungo periodo di tempo trascorso al largo delle coste maltesi.

I migranti, tra cui donne e bambini, ora sono tutti a terra a Malta, dopo l’annuncio del premier maltese Joseph Muscat dell’accordo europeo che li distribuirà in 8 Paesi: Germania, Francia, Portogallo, Irlanda, Romania, Lussemburgo, Olanda e Italia. In Italia non c’è infatti una posizione univoca nel governo: il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha ribadito il suo no “all’arrivo di migranti”.

La portavoce della Sea-Watch, “non è possibile aspettare tanti giorni”. “Siamo contenti che si sia riusciti ad arrivare a una soluzione europea, anche se questo ha preso molto tempo e dimostra che sia necessario organizzarsi per avere una soluzione redistributiva immediata. Non è possibile che lo scarico sia condizionale al raggiungimento di un accordo tra Stati membri”, ha affermato al Sir Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch, appena ricevuta la notizia dello sbarco .

Sea-watch ha ringraziato “tutta la società civile che si è mossa in questi giorni e ha dimostrato una grande solidarietà”. In particolare, le organizzazioni di United4Med, che hanno dato il loro supporto, e “tutte le persone che si sono rese disponibili su ogni livello, dai porti al cibo. Per noi significa tantissimo perché dimostra che c’è un’Europa diversa”.

“Siamo contenti di poter finalmente liberare le persone che sono imprigionate da quasi 20 giorni a bordo. Ci rendiamo conto dello sforzo di Malta che non può farsi carico degli sbarchi di tutte le navi soccorse anche al di fuori della propria area Sar. Crediamo che sia responsabilità degli Stati membri trovare un accordo sulla redistribuzione, ma non è possibile aspettare 20 giorni per uno sbarco perché non riescono ad accordarsi”.

Secondo i dati dell’Unhcr nel 2018, 116.674 persone hanno raggiunto l’Europa attraversando il Mediterraneo, una riduzione significativa rispetto agli anni precedenti ed un ritorno ai livelli pre-2014. Il viaggio è diventato però più pericoloso. Una vita ogni 50 persone che hanno tentato la traversata è andata perduta.

La gioia dei migranti in un video, “C’est fini”. Sea-Watch ha poi diffuso sul suo profilo Twitter un video del momento in cui viene detto ai migranti che potranno sbarcare, con le loro urla di gioia: “C’est fini”, è finita!

 

La “buona notizia” è che dall’Italia è la Federazione delle Chiese evangeliche ad aver dato la disponibilità al ministero dell’Interno per l’accoglienza di alcuni dei profughi (una decina) della Sea-Watch che arriveranno nel nostro Paese.

“Dalla nostra esperienza sappiamo che da queste vicende possono nascere belle storie di integrazione”, racconta al Sir Luca Negro, presidente della Fcei. “Alcune persone andranno a Scicli, in Sicilia, dove la Federazione ha una struttura. Altre saranno collocate in strutture della diaconia valdese. Non abbiamo ancora deciso precisamente dove, perché prima di trasferirle vogliamo conoscere le persone e capire le esigenze”. Il tutto sarà realizzato “senza oneri dello Stato ma grazie all’8xmille della Chiesa valdese e con la solidarietà internazionale delle nostre Chiese”.

 

Insomma, tutto è bene quel che finisce bene. È così?
Sì e no. Credo, cioè, che noi abbiamo inflitto una inutile sofferenza a un gruppo di persone che potevano probabilmente evitare di stare 20 giorni in mare. Poi resta da capire cosa succederà alle altre persone che rischiano di essere naufraghi in mare. Sembra che qui la soluzione sia quella di fare pressione sulle Ong perché rinuncino a questa operazione di salvataggio in mare.

Perché come Federazione e come diaconia valdese vi siete fatti avanti?
Una decina di persone della Sea Watch saranno affidate a noi. Questo per noi è importante perché crea una continuità tra il progetto dei corridoi umanitari che da anni promuoviamo insieme alla Comunità di Sant’Egidio e i salvataggi in mare. Alcuni politici hanno tentato di dire più volte: salvataggi in mare no, perché in questo modo ci si collude con i trafficanti del mare, e corridoi umanitari sì.

Noi invece rispondiamo: guardate, che si tratti di corridoi umanitari o di persone salvate in mare, quello che conta è la vita umana.

E il fatto che siamo noi con la Comunità di Sant’Egidio a promuovere i corridoi umanitari e sempre noi ad avere l’onore di accogliere queste persone naufraghe in mare, dà un senso di continuità a diverse forme di solidarietà.

Patrizia Caiffa e Maria Chiara Biagioni