Si può guardare al futuro con speranza? Lo abbiamo chiesto a mons. Renato Boccardo , arcivescovo di Spoleto – Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra. Alla fine di questo 2018 volevamo fare con lui un semplice bilancio pensando alla vita della Chiesa, ma ne è nata una riflessione che abbraccia tutte le dimensioni della vita.
In questo tempo si percepisce una paura diffusa. Cosa significa parlare di speranza oggi, concretamente, per la sua esperienza di Pastore che, tra l’altro, è vicino ai terremotati?
“È difficile, perché quando diciamo ‘speranza’ pensiamo a una situazione, a un mondo senza problemi, senza sofferenze, dove tutto sia bello, tutto sia facile, tutto sia immediatamente raggiungibile senza sacrificio, senza impegno, senza fallimenti… ma questa è un’utopia.
La speranza non è una situazione idilliaca, la speranza è il desiderio del bene: di un bene possibile, che dev’essere però costruito rimboccandosi le maniche con l’impegno di ciascuno. Ritrovare la speranza in un presente, in un futuro migliore, più bello, più buono, vuol dire assumersi le proprie responsabilità.
Ho visto la gente terremotata che, proprio per incarnare questa speranza, ha cominciato subito a riprendere – per quanto possibile la vita normale, ritrovando il proprio lavoro, pur con mille difficoltà, ritrovando dove possibile la propria abitazione, ricominciare. Mi pare che la speranza sia anzitutto un sentimento che ti spinge a ricominciare, senza aspettare che qualcun altro faccia quello che puoi fare tu”.
Ciò che emerge dalle sue parole è che quando si parla del futuro in una prospettiva di Chiesa si guarda a quello che si può ancora fare, non c’è un ripiegamento sul passato. Questo 2019, come Chiesa, che appuntamenti ha davanti?
“Mi piace sottolineare che l’anno si apre con una Giornata mondiale dei giovani, che è in stretto collegamento con il Sinodo dei vescovi sui giovani, da poco celebrato.
Cioè è tutta la Chiesa che guarda ai giovani, e non perché sono il futuro: sono il presente! Il Papa continua a insistere su questo: i giovani non sono quelli che verranno, ma sono quelli che sono qui oggi, e sono loro con la loro idealità, con la loro capacità di sognare, con i loro entusiasmi, con le loro bizzarrie anche, a mantenere vivo il senso della vita, della vita anche delle nostre comunità.
Guardare al mondo giovanile evidentemente suscita preoccupazione.
Che cosa possiamo dare noi, come possiamo essere presenti nel mondo giovanile, quale messaggio? Non è vero che i giovani siano insensibili alla dimensione interiore, alla dimensione religiosa, anzi sono alla ricerca spasmodica di un senso, il Senso del senso della loro vita.
Noi pretendiamo di avere la risposta a questa domanda, e allora è bello iniziare l’anno proprio con questa immagine dei giovani del mondo intero che si ritrovano per guardare insieme e nella medesima direzione che è la direzione che ci viene dal Vangelo di Gesù”.
E qui in Umbria?
“Quanto alle Chiese umbre, ricordavo prima l’attività fedele, nascosta e quotidiana. Stiamo poi lavorando a un’Assemblea ecclesiale da celebrare nell’autunno 2019”
(continua a leggere sull’edizione digitale de La Voce).