È stato l’oggetto di desiderio di gran lunga più concupito nell’estate 2006. L’Elmo di Scipio. La maggioranza di quelli che lo cercavano non sapevano cosa fosse (una specie di bandana di ciniglia, cerchiata di ottone, contro il mal di testa? un casco come quelli che indossa Valentino, che quando cade a testa in giù rimbalza senza farsi male?), ma non per questo la loro ricerca si faceva meno speranzosa e insistente. Dal rigattiere, al supermercato, alla bancarella del mercoledì: ‘Scusi, che ci ha l’Elmo di Scipio?’. ‘E che dd’è st’Elmo di Scipio?’. Silenzio. ‘E poi, chi è ‘sto Scipio?’. Mio Dio, quanto è smisuratamente vasto lo scibile umano! I vacanzieri più acculturati, quelli che, mentre fanno colazione con i corn flakes e lo yoghurt magro leggono Il Sole 24 Ore, nemmeno essi sapevano bene cos’è l’Elmo di Scipio, ma l’intuivano (‘a grandi linee’), anzi (sempre ‘a grandi linee’) ricordavano anche chi è Scipio: tanto bastava per snobbare l’identificazione del suo Elmo e dedicarsi alla ricerca della Vittoria. ‘Dov’è la Vittoria?’. Quante volte l’abbiamo sentito ripetere. E che la cerchi a fare? Perché una certa Signora Italia vuole che, il mattino presto, non appena desta, la Vittoria sia lì, accanto a lei, a porgerle la chioma. Per farne che cosa? In vista di un’acconciatura di quelle che te li faccio strabuzzare io, gli occhi, te li faccio!, per questo? Oppure perché, come Francesco con Chiara, Italia voleva avviare Vittoria, voleva avviarla al chiostro santo? Troppi gli interrogativi senza risposta in un’estate segnata dall’ansia della ricerca. Colpa di Aldo Biscardi che ha esigito, apoditticamente, che i titolari della Nazionale di calcio, e noi con loro, cantassimo l’Inno di Mameli, e l’ha fatto per 26-anni-ininterrotti-diconsi 26, nel corso di quella sua trasmissione curiosamente soprannominata ‘Il Processo di Biscardi’, mentre era un coro alpino eseguito da un’accolta di bociaroni di lusso, stonati, dediti a sopraffarsi a chi grida più forte. Ancora una volta la poesia aulica risorgimentale ci ha messo in difficoltà, com’è successo tante altre volte; nella romanza de Il Trovatore, ad esempio, ‘Il fulgor del suo bel viso’: là dove il librettista ha scritto ‘Ah! L’amor, l’amor ond’ardo’, i melomani canticchiano, mentre si fanno la barba il mattino: ‘Ah! L’amor, l’amore è un dardo”. De minimis. Che volete che conti il cattivo esito delle nostre ricerche estive di fronte alla goduria di quelle sette partite culminate con quella del 9 luglio? Quando Buffon di fronte a Malouda, Sagnol, Trezeguet (povere anime!) snobbava l’invocazione accorata di Marco Mazzocchi (‘Giggi, facci sognare’), e non parava nulla di nulla, ma la coppa arrivava lo stesso, e tutti ci abbracciavamo come bambini in festa. Fra quattro anni’ ebbene, sì, accettiamo di riprendere fra quattro anni le nostre defatiganti e inutili ricerche sulla natura dell’Elmo di Scipio e sul taglio della chioma della Vittoria, ma a patto che altri 11 miliardari bellimbusti ci diano un’altra occasione per abbracciarci come bambini in festa.
L’Elmo di Scipio
AUTORE:
Angelo M. Fanucci