“Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per far loro raccogliere il legno, distribuire i compiti in modo da organizzare bene il lavoro, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito”. Cito da Il Piccolo Principe, un capolavoro timido e bello come una viola del pensiero, che fiorisce solo a fine estate ma poi dura fino a primavera.
Il Piccolo Principe racconta il dialogo tra un pilota il cui aereo con un atterraggio di fortuna s’è inca-gliato nel deserto del Sahara e un bambino apparso all’improvviso che, tanto per attaccare bottone, gli chiede di disegnargli una pecora, e lui gli disegna una scatola. Non si sono capiti, ma proprio per questo il dialogo che parte zoppo assume un grande spessore umano, grazie soprattutto al fatto che il bambino non è dei nostri, ma proviene da un lontano asteroide, sul quale abitano solo lui, tre vulcani di cui uno è spento, e una piccola rosa, molto vanitosa, che lui ama molto…
Uno sfondo magico per un invito estremamente realistico. Lo dobbiamo alla penna di Antoine de Saint-Exupéry, un pilota di guerra che durante la Seconda guerra mondiale s’impegnò allo spasimo contro l’aviazione del Reich, nelle file delle Forces aériennes françaises libres, e morì sul finire del conflitto, colpito da un caccia tedesco davanti a Marsiglia.
Il pilota della Luftwaffe che lo abbatté, pur non sapendolo, aveva mille e una ragioni per farlo: perché Antoine de Saint-Exupéry, mentre volava e combatteva, pensava. Pensava cose grandi: la vita, l’uomo, la comunità umana. Pensava e poi, una volta a casa, affidava alla pagina bianche il frutto di quel suo rimuginare intimo. E dunque un’attività che al Führer doveva per forza dare un immenso fastidio, e giustificare quel colpo alla schiena col quale un suo scagnozzo, a guerra finita, uccise lo scrittore reo di tanto delitto.
Perché la qualità del pensiero di Saint-Exupéry è umanamente eccellente: il brano che abbiamo citato è uno dei tanti che t’inducono a spegnere la tv e a dar luogo alla liturgia manzoniana: poggiare il gomito sulla scrivania (invece che sul bordo della barca) poggiare la testa sul gomito, e pensare. Pensare a come impostare la vita.
L’invito del Piccolo Principe a puntare sul fascino infinito del mare piuttosto che sulle tecniche di costruzione della nave avrà un giorno il suo apice in quello che don Milani scriverà al suo confratello don Ezio Palombo, tentato di puntare sul ping-pong per poter attirare i giovani in parrocchia:
“Ecco dunque l’unica cosa decente che ci resta da fare: stare in alto… e sfottere crudelmente non chi è in basso, ma chi mira basso. Rinceffargli ogni giorno la sua vuotezza, la sua miseria, la sua inutilità, la sua incoerenza. Star sui coglioni a tutti come sono stati i profeti innanzi e dopo Cristo. Rendersi antipatici noiosi odiosi insopportabili a tutti quelli che non vogliono aprire gli occhi sulla luce. E splendenti e attraenti solo per quelli che hanno grazia sufficiente da gustare altri valori che non siano quelli del mondo”.