“Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore”, testimonia il Salmista che all’inizio e al centro della lode propone il ‘timore del Signore’ come atteggiamento indispensabile per ottenere benessere affettivo e materiale per sé e per i propri familiari. E dei legami familiari ci parla la Liturgia della Parola di questa XXVII domenica del Tempo ordinario.
Prima lettura
Il libro della Genesi ci propone il secondo racconto della creazione dell’uomo e della donna nel punto in cui è scritto che il Signore “vuol fare” avere all’uomo un “aiuto” che gli corrisponda, cioè un ‘aiuto paritario’ perché tra gli animali “non ha trovato un aiuto che gli corrispondesse”. Il Signore forma la donna e la conduce all’uomo ed è interessante notare che è proprio l’uomo a chiamarla ‘donna’ e a dire che da lui, “dall’uomo è stata tolta”. ‘Uomo’ in ebraico è “is” mentre ‘donna’ è “issah”, ciò per dire che pur essendo radici diverse il suono della pronuncia dei due sostantivi è simile, e già nell’etimologia è espressa l’armonia della diversità e della complementarietà dell’uomo e della donna.
Il seguito del testo dice inoltre che “l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie”. In realtà, secondo l’uso israelita, era la donna a dover lasciare i genitori e non l’uomo. “Lasciare” trasmette più un significato morale, poiché l’uomo doveva effettuare questo capovolgimento di situazione e cioè dal legame con i genitori, doveva orientare ormai il suo interesse verso questa nuovaunione.
Seconda lettura
Anche la Lettera agli Ebrei parla dei legami familiari, ma in termini diversi. È il capitolo 2 della Lettera e l’Autore, dopo aver fatto riferimento al Salmo 8 e con esso al ‘dominio’ che l’uomo esercita sul creato, presenta Gesù come Colui che ha condiviso in tutto il destino umano, fuorché il peccato. La condivisione della condizione umana caratterizzata anche dalla sofferenza ha permesso a Gesù di ‘santificare’ gli uomini, e così Colui che santifica e coloro che sono santificati derivano dallo stesso Padre e Gesù “non si vergogna di chiamarli fratelli”, anzi li associa alla liturgia di ringraziamento della vittoria della vita sulla morte (v.12s).
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Dal Libro della Genesi 2,18-24SALMO RESPONSORIALE
Salmo 127SECONDA LETTURA
Dalla Lettera agli Ebrei 2,9-11VANGELO
Vangelo di Marco 10,2-16
Vangelo
Ancora dei legami familiari si parla nel Vangelo di Marco al capitolo 10 che colloca Gesù in Giudea mentre insegna alla folla che si è avvicinata a Lui. Si avvicinano anche i farisei “per metterlo alla prova”. Come in altre circostanze, è usato anche qui il metodo rabbinico: presentazione della questione, appello alla Legge, enunciazione della sentenza.
La questione è l’acceso dibattito sul divorzio e il riferimento alla Legge è al libro del Deuteronomio (24) in cui è scritto: “quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via”.
Ma con “qualcosa di vergognoso” cosa si voleva intendere? Due erano le posizioni proposte da Hillel e Shammay, due autorevoli rabbini che erano a capo di due scuole di pensiero antagoniste. Hillel riteneva si dovesse intendere qualsiasi cosa sconveniente come per esempio bruciare una pietanza; Shammay intendeva solo il caso di adulterio.
Al di là della casistica, che tuttavia ci aiuta a conoscere l’ambiente del I secolo, Gesù risponde riferendosi ancora una volta alla “durezza di cuore” e quindi alla incapacità di comprendere. Egli li conduce a salire dal divorzio al matrimonio, dalla Legge alla Creazione: “li fece maschio e femmina … non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida ciò che Dio ha congiunto”.
Gesù non conferma la liceità della rottura dei legami, ma avvalora il progetto dell’unione dell’uomo e della donna come fu alla creazione. Gesù non risponde ai farisei secondo la loro domanda “è lecito a un marito ripudiare la propria moglie?”, ma questa risposta la dà ai discepoli in privato: “chi ripudia la moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro commette adulterio”.
Nel Deuteronomio si parla di ripudio solo da parte dell’uomo, ma Gesù parla di ripudio dell’uomo e della donna allo stesso modo. Questo potrebbe lasciar intendere l’influenza della cultura romana che prevedeva il ripudio da parte di entrambi, comunque sia Gesù perentoriamente dice quello che si verifica se si effettuano le seconde nozze.
Il linguaggio è tuttavia più umano che legale e vuol lasciar intendere che un atto legale non può cancellare quello che ha comportato un’unione matrimoniale con tutte le sue conseguenze. Inoltre Gesù mette in guardia dal rischio di banalizzare il matrimonio in virtù della corrente superficiale che in merito vigeva. A questo punto il brano evolve nell’episodio della ‘consegna’ dei bambini perché Gesù li benedica ma i discepoli sembrano infastiditi da questa invadenza. Gesù piuttosto invita ad accogliere i bambini e ad essere come loro.
Agli inizi dei legami affettivi e/o comunitari si vive una fase di genuino entusiasmo verso l’altro/a gli altri e verso Dio! Riscoprire questi inizi e ritornare a ‘temere’ il Signore consente di entrare già ora nel regno di Dio, nel possesso cioè di quel progetto primordiale d’amore pensato da sempre dal Signore!
Giuseppina Bruscolotti