di Pier Giorgio Lignani
Che fastidio le “coperture” che il Governo è “costretto”, suo malgrado, a cercare ogni volta che prova a realizzare i suoi propositi di elargire ai cittadini qualche miliardo di euro sotto forma di stipendio di cittadinanza, revisione della legge Fornero, e altro! E che fastidio quei tecnici del ministero dell’Economia – a partire dal ministro, che in fondo è lui stesso un tecnico – che fanno storie per tirare fuori i soldi. Questo è il succo, con parole nostre, delle dichiarazioni fatte nei giorni scorsi dal ministro Di Maio e dal suo portavoce.
Qui bisogna fare qualche puntualizzazione. Per principio generale, per spendere soldi bisogna prima averli; a volte si possono anche prendere in prestito, ma poi bisogna restituirli e, intanto, pagarci sopra gli interessi. Lo Stato italiano ha un debito complessivo di 2.300 miliardi di euro; supposto che l’interesse da pagare sia l’uno per cento, fanno 23 miliardi all’anno; se sale al due per cento, sono 46, e così via. Il tasso degli interessi sale o scende in rapporto alla fiducia che il debitore ispira ai creditori.
Il famoso spread è l’indice che misura il livello della fiducia (sale se la fiducia cala) e ci segnala quanto si potrebbe pagare di interessi in un prossimo futuro. Quindi tenere i conti in ordine è una necessità non perché “ce lo chiede l’Europa”, ma perché ce lo chiede il nostro portafogli.
Chi vuole spingere per aumenti di spesa pubblica dice che le risorse si possono trovare tagliando gli sprechi. Saggio proposito, ma dove vogliamo tagliare? Negli ultimi vent’anni in Italia, per risparmiare, abbiamo chiuso ospedali, tribunali, commissariati di polizia, uffici postali, uffici fiscali, e tagliato di centinaia di migliaia di unità gli organici delle ferrovie, delle poste, delle forze armate, degli enti parastatali.
Sicuramente c’è ancora tanto da recuperare, ma scegliere dove e come è un compito che tocca ai politici più che ai tecnici. Se i politici, per farsi eleggere, hanno fatto promesse avventate, e poi non possono mantenerle, la responsabilità è tutta loro.