di Angelo M. Fanucci
Dalla riflessione teologica che, maldestramente ahimé!, ho cercato di ammannire ai miei 17 lettori, e forse in parte ci sono riuscito, anche se solo con la chiarezza di un astigmatico cronico, emerge un concetto di apostolato, di pastorale, di scelte operative qualificanti per il cristiano che è davvero nuovo.
Se ripenso alla pastorale che, per la prima volta nella storia della Chiesa, Pio XI impostò organicamente nel 1922, con l’enciclica Quas primas, e ne percorro la trama alla luce (fioca, certo, ma sufficiente!) delle passate abat jour, mi rendo conto del cammino che ha percorso la mia Chiesa da quando ha capito che riconoscere il primato della coscienza non equivaleva, assolutamente, ad un consegnarsi armi e bagagli al relativismo, ma aprire un discorso nuovo non sull’uomo come categoria generale, ma sull’uomo come individuo unico e irrepetibile, meglio: come persona. Un cammino lungo anni luce.
La Quas primas di Papa Ratti voleva dare un fondamento teologico alla festa che istituiva, la Festa di Cristo Re. Festa insieme esaltante ed equivoca; esaltante per il dovere/diritto di sentirsi sudditi/amici di un Re di quel calibro; equivoca se dimentichiamo quello che lui, ormai ridotto ad un grumo di sangue disse a quel bellimbusto di Pilato, con un filo di voce: “Sì, sono re, ma il mio regno non è di questo mondo!”. Un filo di voce, ma ferma, chiara, autorevole. La sua corona. Vera corona. Ma non è d’oro, né d’argento. Nemmeno di peltro. È di spine.
La Quas primas ha uno scopo specifico, più e più volte riaffermato: conquistare il mondo a Cristo Re. “Portare Dio nel mondo, tramite Cristo”. Ed ecco l’Azione cattolica che nasce schierata a battaglia (sicut acies ordinata), ed ecco le missioni che portano, oltre il Vangelo, anche la civiltà, ed ecco l’ecumenismo inteso sempre e solo come un “ritorno all’ovile”, ed ecco la cristianizzazione del diritto perseguita con i concordati tra la Chiesa e gli stati. “Vogliamo portare Dio al mondo tramite Cristo. “Portare?” Ma nello sterminato, placido oceano delle coscienze individuali degli uomini Dio e Cristo sono presenti da sempre, in un dialogo unico, individualizzato, sul quale è stato posto il più rigoroso dei segreti.
Da quando il Concilio ci ha insegnato che il Regno di Dio non è la Chiesa, ma il mondo, chi si sente vocato all’impegno apostolico deve avere ben presente che Dio nel mondo già c’è, da sempre, e c’è da sempre il suo Cristo, lo Spirito inseparabile. C’è, impegnato a colloquiare con ogni coscienza. Aiutiamolo, quest’uomo che Dio ama follemente, offriamogli tutte le opportunità che riusciremo a offrigli per portare all’estreme conseguenze l’ineffabile colloquio, ma prima ancora ricordiamocelo bene, che là dove noi vogliamo “portare Dio”, Dio già c’è.