In dieci anni nel settore dell’edilizia in Umbria si sono persi più della metà dei posti di lavoro, gli occupati sono passati da 25.000 a 12.000. La ricostruzione nelle zone terremotate poteva essere un’occasione per la ripresa, ma questo non è ancora avvenuto. “Tutto è praticamente fermo per normative confuse e una burocrazia soffocante” denunciano le associazioni umbre delle costruzioni, che raggruppano le imprese dell’industria, dell’artigianato e delle cooperative.
Lo hanno fatto la scorsa settimana in una conferenza stampa congiunta di Ance, Cna costruzioni, Confartigianato Anaepa e Lega coop per informare sui dati reali del settore e per lanciare un appello accorato a tutte le istituzioni. “La ricostruzione post-sisma è ferma al palo” è stato detto. E tante imprese continuano a chiudere anche perché c’è un crollo generale degli investimenti per tutte le opere pubbliche.
Come avvenuto per il terremoto del 1997, a quasi due anni dal nuovo sisma che ha colpito l’Umbria ci si attendeva che la macchina per la ricostruzione si fosse già messa in moto. Invece non è così. “Con un quadro normativo così grande e complesso, che ha ingenerato incertezze e un allungamento dei tempi di istruttoria delle pratiche, la ricostruzione – hanno detto i rappresentanti delle associazioni – stenta a partire”.
Ci sono 9.000 edifici danneggiati, ma le pratiche presentate per la ricostruzione sono solo 700, e appena 200 quelle autorizzate. Di queste, sono pochissime quelle riguardanti la ricostruzione pesante e delle attività produttive. Né va meglio sul fronte della ricostruzione pubblica (continua a leggere gratuitamente sull’edizione digitale de La Voce).
Enzo Ferrini