Soprattutto per i sacerdoti e i diaconi, ma anche per gli altri fedeli, religiosi e laici, sono di grande interesse gli argomenti trattati al Convegno nazionale dell’Unione apostolica del clero che si è concluso il 23 scorso presso il santuario di Collevalenza. Attorno al tema generale ‘L’eucaristia ci edifica come popolo sacerdotale’ i circa cento partecipanti hanno riflettuto, discusso e pregato. Per i lettori di questo settimanale proviamo a sintetizzare qualche principale aspetto dell’annuale iniziativa dell’Uac, cui aderiscono oltre tremila ministri ordinati ‘ vescovi, presbiteri e diaconi – delle diocesi italiane.L’eucaristia, anzitutto. Che sia il cuore di tutta la vita cristiana – culmine e fonte, afferma il Concilio – lo sanno ormai anche i bambini della prima comunione. Ma lo è davvero, nella vita della maggior parte almeno dei cristiani, e nella prassi delle nostre parrocchie? La domanda è inquietante. Recenti indagini rilevano infatti che poco più del 30% dei battezzati la domenica va in chiesa abbastanza regolarmente, il 50% lo fa saltuariamente (nelle principali feste o in occasione di matrimoni o funerali) e il restante 20% non ci va mai. I primi cristiani dicevano che senza l’eucaristia domenicale non potevano vivere. Molti cristiani attuali vivono invece la loro assenza senza porsi alcuna domanda. Ma essere credenti e non praticanti significa appartenere alla categoria dei non credenti. Perché la fede cristiana, senza eucaristia domenicale, è come un contenitore del tutto vuoto. Non è che al convegno di Collevalenza sia stata trovata la soluzione a questo gravissimo problema. Tutti però hanno avvertito che, di fronte ad esso, principale cruccio di tutti i parroci, nessun cristiano può restare tranquillo; che uno dei primi impegni pastorali è di rendere la comunità riunita attorno all’altare soggetto veramente celebrante; che ogni messa, soprattutto se domenicale o festiva, sia partecipata senza diventare spettacolo: celebrata e non ‘letta’ o ‘detta’, festosa e non monotona, preparata e non arrangiata, con un ‘presidente’ attorniato da vari ministri e non solitario. In un convegno partecipato quasi per intero da preti non potevano mancare riferimenti alla loro missione e vita personale. Tra i tanti temi messi ‘a fuoco’, quello del presbiterio diocesano merita una speciale menzione.Il Vaticano II ha riproposto l’importanza del presbiterio, ma la prassi è ancora insoddisfacente. Il primo legame che dà forma al presbiterio ‘ che è ben più che la somma dei suoi membri ‘ è quello con il vescovo. Nessun prete può infatti pensarsi senza il vescovo, nessuno può esercitare il proprio ministero ignorandone le direttive pastorali. Il secondo legame riguarda i rapporti dei preti tra loro, e nell’espletamento dei diversi uffici e incarichi. Un punto critico è il loro isolamento, e il lavorare spesso in modo non convergente, ma parallelo. Un lavoro che diventa fatica e che porta alla dispersione delle forze: meno preti, con sempre più parrocchie e sostanzialmente da soli. Il presbiterio deve pertanto diventare il ‘luogo’ di un esercizio collegiale del ministero, la famiglia propria dei preti nella quale attuare la radicale forma comunitaria del loro servizio al popolo di Dio. Si è anche parlato al convegno, in rapporto al presbiterio, di forme di vita comune. L’isolamento produce forme di vita disumane, giungendo perfino ad aprire la porta a patologie pericolose. Incrementare forme di vita in comune aiuterebbe a regolarizzare i ritmi di lavoro e di riposo, a curare la salute psico-fisica, a garantire tempi di preghiera e di studio, a valorizzare amicizie e affetti. Una vita buona è la condizione per un annuncio del Vangelo che abbia un volto umano. Molte altre cose, naturalmente, sono state poste all’attenzione dei convegnisti. Il volume degli atti, che è già in preparazione a cura della Presidenza nazionale dell’Uac, potrà soddisfare l’esigenza di chi vorrà saperne di più.
L’unione mistica fa la forza del prete
Unione apostolica clero a convegno nazionale
AUTORE:
Vittorio Peri