di Pier Giorgio Lignani
Fra le tante questioni spinose che deve affrontare il Governo c’è il diffuso senso di insicurezza della popolazione, preoccupata per la criminalità. In particolare, l’allarme è per la cosiddetta microcriminalità, ossia per quei delitti che sono relativamente meno gravi e non fanno notizia sui giornali, ma nondimeno procurano a chi li subisce danni materiali, dispiaceri, amarezza e paura.
Qualcuno dice che questi stati d’animo non sono giustificati, perché statisticamente i reati sono in diminuzione costante: insomma, non c’è da preoccuparsi. Secondo me, ha ragione invece chi si preoccupa. Le statistiche sulla diminuzione dei reati hanno un valore relativo, perché le cifre su cui si basano sono quelle delle “denunce” formalmente presentate alle forze dell’ordine. Ma nessuno calcola i reati che non vengono denunciati. È esperienza comune che chi ha subìto certi tipi di furto ne fa denuncia formale solo se gli serve per chiedere un duplicato dei documenti o un indennizzo all’assicurazione; in caso contrario, evita di perderci tempo, specialmente se – come accade quasi sempre – lui stesso non saprebbe dare alcuna indicazione utile per rintracciare il colpevole.
L’insicurezza della gente, poi, più che dal numero dei reati è turbata dalla constatazione che, pur se formalmente denunciati, quasi tutti restano impuniti per sempre. E qui le statistiche sono impressionanti.
Per i reati cosiddetti predatori, ossia furto, rapina ed estorsione, complessivamente considerati, il numero delle sentenze di condanna rappresenta all’incirca il 2 per cento delle denunce presentate. Come dire che nel 98 per cento dei casi alla denuncia non fa seguito alcuna condanna: non perché la denuncia sia infondata, ma perché il colpevole è rimasto sconosciuto o perché il processo è rimasto bloccato da qualche intoppo formale e alla fine è caduto in prescrizione.
Quand’anche una sentenza di condanna ci sia, non è detto che il colpevole vada realmente in galera, anzi sicuramente – per almeno il 90% delle condanne – non ci va, perché ottiene la sospensione condizionale o l’applicazione di una “pena alternativa” che di fatto è solo simbolica. Altro che certezza della pena! Qui siamo alla certezza dell’impunità.