Si è tenuto presso la ‘Casa di ospitalità Nazareno’ di Spoleto, nel pomeriggio di domenica 18, l’incontro regionale dei gruppi Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) dell’Umbria. Il tema scelto era quello di ‘Cultura e comunicazione. Il Meic verso Verona 2006’. Il relatore, mons. Elio Bromuri, assistente del gruppo Meic di Perugia, ha sviluppato la sua riflessione in diversi punti che hanno evidenziato in primo luogo il senso del cammino della Chiesa italiana, visto che siamo oggi di fronte ad una svolta che consiste nella ‘conversione pastorale’ presentata e proposta a Palermo nel Convegno ecclesiale del 1995. Si tratta di rendere la Chiesa più aperta, propositiva, missionaria: andare incontro al mondo per annunciare il Cristo come salvatore, sulla scorta delle parole che hanno fatto da sottofondo al lungo pontificato di Giovanni Paolo II: ‘Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo. Egli sa”. Questo monito è stato in qualche modo ripreso anche da Benedetto XVI nell’omelia della messa di inizio del suo ministero papale (24 aprile 2005): ‘Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla e dona tutto. Chi si dona a lui riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo e troverete la vera vita’. Questa prospettiva è anche presentata efficacemente nel documento della Cei sugli orientamenti pastorali del decennio in corso: Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Per questo, ha sottolineato don Elio Bromuri come secondo punto, si rende necessario ‘ricentrare’ su Cristo la fede e la prassi ecclesiale, non secondo schemi astratti, ma attraverso la contemplazione del volto del Risorto, perché da questa contemplazione nasce la forte adesione a Cristo, nasce la forte identificazione personale del cristiano adulto e maturo, consapevole di sé come credente. Ovvero da questa appartenenza nasce in terzo luogo lo ‘zelo’, la missionarietà, la spinta all’annuncio, senza ricorrere ad un’identità aggressiva o ad un fondamentalismo ottuso tipico di sette e nuovi movimenti religiosi. Mons. Bromuri ha evidenziato, come quarto punto, che è a partire da questo che si pongono i problemi della cultura e della comunicazione, perché la Chiesa in questa prospettiva è chiamata a diffondere il Vangelo ad ogni creatura, ma se si perde il contatto vivo con il Cristo si genera soltanto la confusione oggi esistente sulla persona di Gesù: da chi lo nega nella sua stessa esistenza, a chi lo considera soltanto un rabbi (visione ebraica) o un impostore insieme a Mosé e Maometto, o un prodotto di Giuda, il vero salvatore vittima del disegno di Dio (Il vangelo di Giuda), o marito di Maria di Magdala (Codice da Vinci), o santo profeta precursore di Maometto (Corano), o entità paradigmatica della spiritualità esoterica insieme agli ‘avatara’ dell’induismo e così via. Quali sono allora gli orizzonti attorno ai quali si muove il cammino della Chiesa? Essi, secondo il relatore, sono i seguenti: a) l’ascolto di se stessi, degli altri, dei fratelli, degli avversari e oppositori in dialogo con il mondo che cambia; b) dare spazio all’iniziazione e all’educazione alla fede, poiché nel pluralismo delle opinioni e delle opzioni si deve saper educare all’intelligenza della fede, cioè ad una mentalità di fede autenticamente cristiana; c) dare spazio alla inculturazione della fede in senso antropologico, calando la fede nella vita, nel modo di sentire, nello stile dei comportamenti, nell’ispirazione delle scelte personali e collettive. Pertanto l’inculturazione della fede e l’evangelizzazione della cultura sono grandi temi che non dovrebbero essere accantonati poiché una loro non adeguata impostazione ha portato in passato a esperienze dolorose, di cui la Chiesa nel Giubileo del Duemila ha chiesto perdono, e potrebbe indurre di nuovo a conseguenze negative.In conclusione, i punti restanti proposti dal relatore si possono schematicamente sintetizzare affermando che una fede che non diventa cultura non è efficace e non entra nella profondità della vita dei singoli e dei popoli; la cultura oggi non è mai disgiunta dai mezzi della comunicazione sociale; la comunicazione della fede avviene in un mondo che cambia; il cambiamento implica un sempre maggiore pluralismo culturale, religioso, etico. A Verona quindi il Meic è chiamato a divenire consapevole della chiamata ad essere ‘testimoni del Cristo risorto speranza del mondo’ nelle luci ed ombre del nostro tempo. Tuttavia, come si è evidenziato nel dibattito tra i partecipanti, la delusione per le mancate conquiste del Novecento inducono il cristiano a non perdere il contatto con il Risorto e a considerare la speranza cristiana come una virtù teologale che deve essere credibilmente testimoniata con la ‘differenza’ della vita dei cristiani, che la traccia per Verona ha indicato in modo particolare nei cinque ambiti della vita affettiva, del lavoro e della festa, della fragilità umana, della tradizione, della cittadinanza.
‘Cultura, spalanca le porte a Cristo!’
Incontro regionale dei gruppi del Meic dell'Umbria su 'Cultura e comunicazione', in vista del Convegno ecclesiale di Verona
AUTORE:
Annarita Caponera