di Angelo M. Fanucci
Scrivo troppo. Gli amici me lo ripetono spesso: scrivi troppo. Già. Questo mio tenue elzeviro su La Voce dura dal 1978 (!). E non finisce qui! Dal 2007 scrivo una lettera, anch’essa settimanale, a nome de Il Gibbo. Il Gibbo è un’associazione cattolica di volontariato informatico, che mi ha incaricato di lanciare nell’etere un qualcosa che nasca dal nostro incontro del sabato sulla Parola di Dio.
A me è parso urgente raccontare, a partire dal 2017, il rapporto che nei secoli è intercorso fra Chiesa e poveri: “Un amore lungo e problematico”. Problematico soprattutto da quando i poveri sono diventati proletari e hanno preso a rivendicare l’autonomia della loro logiche, delle loro proposte, delle loro battaglie. E l’hanno fatto all’interno di una civiltà occidentale che, dal Rinascimento in poi, da quando cioè la filosofia del soggetto prevalse su quella dell’oggetto e (sbrigativamente) l’accantonò, ha posto con forza crescente la necessità di riconoscere a ogni branca delle attività umane un suo ambito, delle sue leggi, una sua logica. Da non assolutizzare – certo! – , da comporre – certo! – con altri ambiti in una sintesi superiore, ma riconoscendo preliminarmente a ciascuna una sua dignità.
A questa richiesta si è opposta per secoli la Chiesa “società perfetta”. E il termine “laico” ha conservato a lungo un valore del tutto negativo nei quartieri alti della Chiesa; convinzione messa in crisi quando per primo Paolo VI parlò di “sana laicità”. Convinzione schiantata dal Concilio Vaticano II, quando la Chiesa (riscopertasi come “popolo di Dio al servizio del Regno”) ha smesso di identificarsi con il regno di Dio.
Nella mia lettera affronto anche, di volta in volta, temi collaterali, come la fede di Sergio Quinzio, o l’esperienza della Domenicane di Betania che propongono la loro vocazione religiosa a prostitute appena prelevate dal marciapiede, o l’eresia cristiana di Pier Paolo Pasolini, o l’eresia ben più luminosa di don Milani, sezionato e centellinato con l’aiuto determinante di Sergio Tanzarella.
Ci penso un po’. Sì, ne vale la pena. Se volete, inviate ad antoniolanuti@ tiscali.it, oppure adannna.barbi68@gmail.com, oppure a marisa.paffi@gmail.com la richiesta di farvi avere ogni settimana per posta elettronica la lettera settimanale di don Angelo. Non vi piace? In ogni pc c’è un cecchino, si chiama spam: azionatelo, e la lettera torna intonsa al mittente.
Cicero pro domo sua? Sì, ma penso che ne valga la pena.
Anche perché mi muovo troppo poco, i piedi cominciano a lamentarsi dopo pochi passi, e minacciano di scioperare. “Per forza! – dicono i soliti ‘amici’ – li hai usati troppo, in passato, ci hai ragionato (con i piedi) tutta la vita!”.
Spesso sospetto che sia vero. Ma potrebbe anche non esserlo. Voi 17 pischelli che mi seguite da 40 anni siete i più abilitati a dare la risposta giusta.