L’ultima abat jour è stata monopolizzata dalla commozione indotta in me dal ricordo di mio padre. Non ho detto quanto stavo per dire: che quel vezzo, che abbiamo rilevato parlando dell’orribile vizio della bestemmia, il vezzo di buttarla in barzelletta di fronte a una situazione invincibile, vale anche per la morte, situazione ben diversamente “invincibile” rispetto al moccolo casareccio: non per nulla i “romanacci de Roma” l’hanno ribattezzata la Commare Secca.
Woody Allen sulla morte ne ha sparate due, di battute, che hanno fatto il giro del mondo. “Non è che ho paura di morire. È che non vorrei essere lì quando succede”, e poi, orecchiando la tematica di fondo della teologia della Morte di Dio, negli anni che ne videro la nascita: “Dio è morto, Marx è morto… e anch’io oggi non mi sento molto bene”.
Fulminea, e carica del solito, ingiustificato antisionismo, quella ambientata in un cimitero ebraico: “Qui giace Abramo Levi. Caddero cinque centesimi nella sinagoga, perì nella mischia”.
Ma la più sapida mi viene, al solito, da don Romano Bambini, che da poco ci è passato anche lui, attraverso quella porta che ci attende tutti per portarci a Dio.
Il protagonista della barzelletta è un vegliardo moribondo, con accanto al letto la moglie Maria e tutt’e sette i loro figli, commossi, trepidanti. Il silenzio, pieno di sospiri fruscianti, viene ogni tanto interrotto da una frase appena buttata là da questo o quel figlio.
Primo figlio: “Povero babbo nostro! Dovesse anche costare diecimila euro, gli faremo un gran funerale, degno del bene che ci ha voluto! Che lo sappiano tutti, in paese, che noi siamo gente capace di ricambiare il bene che ci è stato fatto!”. Secondo figlio: “Io mi ricordo di quando voi fratellini nati dopo di me decideste, a turno, di mettere a dura prova i nostri genitori: piangevano la notte e dormivamo di giorno! E il più provato era il babbo, che lavorava dall’alba al tramonto: eppure… mai una parola di lamento! Oh, sì, questi ottomila euro bisogna spenderli tutti per il suo funerale!”.
Terzo figlio: “Io penso che seimila euro ci vogliono davvero! Perché non si può pensare a risparmiare in un momento come questo… Per il babbo poi!”.
“Vi ricordate? Per i regali di Natale non spendeva mai meno di quattromila euro – intervenne il quarto figlio. – Noi non potremmo, anche se lo volessimo, spendere di meno, per lui, in un frangente così triste!”… e giù un fragoroso scoppio di pianto, seguito stavolta da tutti i fratelli.
Fu a questo punto che il moribondo alzò a stento la mano, chiese la parola e sibilò, con un filo di voce: “Maria, me dài i calzoni, ché vo’ al cimitero a piedi!”.
Angelo Maria Fanucci