Quando dire no significa in realtà sì

Accade spesso che nei dibattiti più impegnativi sia necessario attendere il placarsi della foga delle parole per riannodare un filo interrotto. Non si pensa a tempi supplementari, peraltro non concessi dalle regole di un’informazione torrentizia, ma alla responsabilità di non far mancare elementi di approfondimento. Nessun intento recondito, quindi, nella richiesta di un pensare meno frettoloso come è accaduto nel recente e non concluso dibattito su famiglia, unioni di fatto, omosessualità. Non si può ignorare che su questi temi c’è stata da alcune parti la volontà di passare all’opinione pubblica un’immagine offuscata della Chiesa e dei cattolici. Una Chiesa abbarbicata ai divieti, una Chiesa incapace di capire le sofferenze delle persone che vivono situazioni complesse, una Chiesa che sta più dalla parte dei concetti che dalla parte della vita’ Nulla di nuovo e nessun vittimismo. Si tratta di un percorso culturale affollato, soprattutto quando attraversa il paesaggio mediatico. Assai più impegnativo è mostrare il volto reale, non si escludono quindi le ombre di una Chiesa che dice alcuni ‘no’ perché continua a dire molti ‘sì’ alla vita, alla felicità, alla libertà’ Una Chiesa che nel condividere le sofferenze più laceranti è impegnata a rimuoverne le cause, non solo materiali, senza tacere la verità, ‘i principi non negoziabili. Una Chiesa che sa quanto la verità abbia bisogno della carità per farsi strada nel cuore degli uomini e delle donne. Tacere i molti ‘sì’ detti con responsabilità e parlare solo di alcuni ‘no’ detti con altrettanta responsabilità è segno di onestà intellettuale? Forse è il momento di chiedersi se alzare la voce per difendere e promuovere la vita umana dal primo istante del suo concepimento fino al suo termine naturale e sostenere la famiglia fondata sul matrimonio, non significhi anche alzare la voce per difendere e promuovere la dignità delle persone che nella loro esistenza vivono strappi, solitudini e conflitti interiori. Occorre chiedersi se da una vita intesa come dono e da una famiglia fondata sul ‘sì’ per sempre tra un uomo e una donna non vengano ragioni di speranza e di fiducia, anche per chi è alla ricerca di riferimenti più consistenti di quelli offerti da una cultura e da una politica in affanno. Davvero si può continuare a credere e dire, senza mai avvertire il bisogno di una verifica, che la Chiesa è contro l’affettività, la sessualità, la felicità, la libertà? Davvero la realtà è questa? Davvero le comunità e le famiglie cristiane, le associazioni e le istituzioni cattoliche, sono fatte, perlopiù, da persone tristi, insensibili, incoerenti? Davvero si può continuare a dire che la Chiesa non distingue tra errore ed errante? Qualcuno non sta forse ingannando qualcun altro? In tema di persone omosessuali, ad esempio, perché non dire che nel Catechismo della Chiesa cattolica accanto all’invito a non arrendersi davanti alla prova, si afferma che ‘a loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione’? L’augurio è che si riesca a leggere nella difesa della famiglia fondata sul matrimonio la volontà di incoraggiare anche la ricerca interiore delle persone omosessuali e di non ingannarle.

AUTORE: Paolo Bustaffa