Quando tocca l’altare

È alle porte il 2 giugno, festa della Repubblica: posso approfittarne per dare ai miei lettori certe dovute spiegazioni? Il 2 giugno 1946 con la scelta popolare della Repubblica come nuova forma istituzionale e con la designazione dei membri dell’Assemblea costituente, iniziò quel momento magico che avrebbe poi avuto il suo acme il 1’gennaio del 1948, quando venne promulgata la nostra splendida Carta costituzionale. A causa dell’eccellente profilo morale e civile di questa Carta, la festa del 2 giugno è una festa anche ‘religiosa’; in senso lato, certamente, al punto che non c’è alcun bisogno di ‘battezzarla’ con una specifica liturgia, ma anche in senso forte, perché – dice padre Jean Louis Ska Sj – la Politica con la ‘p’ maiuscola ha le sue radici sia in Atene che in Gerusalemme. Un contesto nuovo, in cui rileggere l’indicazione di Pio XI: ‘La Chiesa s’interessa di politica quando la politica tocca l’altare’. Bella formula che, come tutte le formule, regge solo se ne innoviamo il significato. Quand’è che la politica ‘tocca l’altare’? Solo quando lede gli interessi della Chiesa? Sarebbe ben misera cosa. Solo quando minaccia i diritti della Chiesa? Certo, ma anche quando lede i diritti della persona umana, della famiglia, della comunità civile. Le ho ripetute spesso fra me e me, quelle parole, nell’odierna vicenda del redde rationem a cui, in quest’angolo di Umbria verde che è la mia Gubbio rossa, al termine del mandato è stata chiamata la Giunta Prc + Verdi. Ebbene, la linea d’azione di questa giunta, per quanto farcita di gente che amo e stimo, a me, come cristiano e come prete, è sembrata inaccettabile. Su due piani. Primo. Nella gestione globale del potere. Ho visto dilagare un autoritarismo che era la negazione dell’autorità vera, e ho visto adottare come riferimento dell’azione politica non la cittadinanza nel suo insieme, ma quella certa parte di cittadinanza che nel 2001 aveva dato il voto a lorsignori. Secondo. Come sensibilità sociale, il fatto che l’amministrazione Prc + Verdi avesse incamerato da Regione e Stato centrale quasi 5 miliardi di vecchie lire per il sostegno alle fasce deboli, e non le avesse spese, mi ha indotto a strillare come un pollo spennato a freddo. Allora ho preso carta e penna (pardon!: pc e stampante), e ho scritto a tutte le 13mila famiglie di miei concittadini: ‘Please, mandateli a casa’. E ho raccomandato, come candidato esemplare alla gestione del sociale, Daniele, un disabile che s’è egregiamente riscattato nella gestione di una delle sei cooperative collegate alla mia Comunità. Sono le 9.50 di lunedì 29 maggio, ancora si vota. Stasera saprò se ho avuto ragione o se dovrò farmi aggiustare la dentiera.

AUTORE: Angelo M. Fanucci