di Daris Giancarlini
L’Umbria fra non molto ri-vota. A Cannara, Corciano, Monte Santa Maria Tiberina, Passignano sul Trasimeno. Ma anche – e soprattutto – in alcuni Comuni importanti come Terni, Spoleto e Umbertide. Accomunati, gli ultimi tre, dalla fine anticipata dei rispettivi cicli amministrativi: nel caso di Spoleto, per l’evento tragico della morte prematura del sindaco. Per Terni è stato il collasso delle finanze comunali a far decretare lo stop della sindacatura Di Girolamo, mentre a Umbertide è praticamente implosa la maggioranza di centrosinistra che governava la città.
In questi giorni, partiti e schieramenti stanno ufficializzando le candidature a sindaco. Non senza qualche trauma politico: a Terni, per esempio, un blitz del segretario della Lega, Matteo Salvini, ha praticamente imposto al resto del centrodestra il candidato alla guida della seconda provincia umbra: Leonardo Latini.
Ne è seguito qualche mugugno di esponenti del resto della coalizione, ma nulla più; la Lega primeggia a livello nazionale nello schieramento completato da Forza Italia e Fratelli d’Italia, e il segretario leghista non è uno che si fa pregare se capisce che è il suo turno di dare le carte. Anche il Movimento 5 stelle ha scelto il candidato sindaco, nella persona di Thomas De Luca, che fino allo scioglimento del Consiglio comunale ternano è stato il battagliero capogruppo dei pentastellati.
E il Pd? A Umbertide ha ufficializzato la candidatura di Paola Avorio. In quel Comune si voterà scegliendo fra 6 liste, tra cui quella dell’ex sindaco Locchi, che era del Pd. A Terni in pole position c’è la candidatura di Massimo Piccioni, ma su questo nome una fazione del partito è in forte disaccordo. A Spoleto siamo ancora a livello di ipotesi; si parla di un nome che rappresenti la società civile.
Già, la società civile: quando la politica si appella a questa risorsa, è come se ammettesse le proprie difficoltà e inadeguatezze. Lo fa cercando dei nomi ‘esterni’ alle proprie ‘mura’ di cinta, confessando una sorta di impotenza a leggere i fenomeni sociali e a trovare le ricette per indirizzarne l’esito. O forse è soltanto una fase transitoria, di ‘riverniciatura’ delle pareti esterni di un ‘castello’ dove, passata la tempesta del mancato consenso, la politica politicata torna a rinchiudersi. Un mancato consenso che, per il Pd in Umbria, ha assunto i tratti della disfatta alle recenti elezioni politiche.
Per quali cause? Dal Pd, a oltre 40 giorni dal voto, non è arrivata alcuna analisi ufficiale. Sembra prevalere la voglia di ripartire dopo la sconfitta. Ma come ci si può curare un malanno, se non si compie una diagnosi attenta e profonda delle motivazioni che lo hanno provocato? Qualche esponente locale del Pd umbro, come la deputata Anna Ascani, invoca delle novità nelle candidature per il voto amministrativo, per – parole sue – “scombinare il quadro”.
Se la stessa deputata spiegasse cosa intende per “quadro” (l’assetto dirigenziale del suo partito? Le modalità di gestione del potere nelle istituzioni?), ne trarremmo beneficio tutti. E forse, anche il Pd.