Introdotta da una ‘Festa dei Ceri’ come al solito affascinante, spettacolare e coinvolgente, intessuta di emozioni forti e non solo per le ‘cadute’ che hanno conosciuto durante la ‘corsa’ serale San Giorgio e Sant’Antonio, la diocesi eugubina ha vissuto con identica intensità la festività del patrono sant’Ubaldo, nel giorno anniversario della sua morte (16 maggio 1160).
L’una e l’altra si integrano a vicenda, testimonianze di affetto, di devozione e di amore verso il Patrono. Entrambe autentiche pur attraverso percorsi e scenari tra di loro diversi, ma che trovano la loro sintesi nella preghiera e nell’invocazione finale.
Il Pontificale presieduto dal Nunzio Romeo
Moltissimi, ad esempio, i fedeli che hanno partecipato al solenne pontificale in cattedrale, concelebrato dal Nunzio apostolico in Italia mons. Paolo Romeo insieme al vescovo mons. Mario Ceccobelli, all’emerito mons. Pietro Bottaccioli ed all’abate dei canonici regolari lateranensi (che hanno avuto un ruolo importante nella formazione del santo Patrono eugubino) don Bruno Giuliani.
In prima fila le autorità’ civili (il sindaco Goracci), quelle dei Ceri (i capitani Marco Alunno e Pierangelo Panfili, i capodieci Leonello Nicchi, Massimo Minelli, Mario Gaggiotti), quelle militari, oltre alle delegazioni di Than (Francia), Jessup (Usa), Ibarra (Ecuador).
All’inizio il vescovo Ceccobelli, nel suo indirizzo di saluto al Nunzio, ha dichiarato di essere “lieto di averla partecipe nel celebrare la festa del nostro patrono, il vescovo Ubaldo, di cui sono il 59° successore a otto secoli e mezzo dal suo episcopato”.
Per sant’Ubaldo devozione antica
Ha quindi aggiunto: “Eccellenza, Gubbio le è molto grata per aver contribuito alla nomina di un nuovo vescovo, dopo le dimissioni di mons. Pietro Bottaccioli. In questa città il vescovo è amato, e direi venerato, perché identificato con il grande vescovo Ubaldo Baldassini, il defensor civitatis negli anni turbolenti dell’età comunale, e il maestro di pace e riconciliazione, quale ce lo ha consegnano la storia e la tradizione. È per onorare Ubaldo che ieri tutta la città si è vestita a festa ed ha portato, di corsa e con gioia, fino alla sua tomba sul monte Ingino, i ceri, come fa fin dal 1160, anno della morte del Santo: ceri non più la storica offerta delle antiche luminarie, ma pesanti ‘macchine’ lignee, cariche di simbolismo. Come ogni anno, in questi giorni di esultanza, la popolazione si stringe al suo vescovo, in cui vede, insieme alla continuità della missione pastorale, anche la garanzia per i più gelosi valori storici e religiosi”.
Nell’omelia mons. Romeo ha sottolineato il significato di “una comunità che si riunisce intorno a sant’Ubaldo”, compresi coloro che “il lavoro ha costretto a vivere lontani”. Ha richiamato alcuni episodi della vita del Patrono, dai quali traspare oltre alla difesa “della dignità e della identità del territorio” anche l’impegno di indicare la strada “pietra viva”, “seminatore di pace e di riconciliazione” invitando tutti a mettere in pratica il suo insegnamento, per altro concretamente testimoniato in vita.