“Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste: un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto”. Con queste parole inizia l’annunzio pasquale che risuona festoso in quella che è “la madre di tutte le veglie”.
La Pasqua è il cuore dell’anno liturgico e l’abbondanza della Parola di Dio che nella Veglia viene proclamata è una vera grazia che ci predispone a conoscere ciò che era stato profetizzato e a rivivere quanto Gesù ha compiuto a vantaggio dell’umanità. Il pensiero va allora alla notte del ‘miracolo del mare’ descritta dall’autore del libro dell’ Esodo, notte in cui fu determinante il ruolo di Mosè che aveva rassicurato gli israeliti e anticipato loro il finale glorioso (“il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli”). Gli israeliti assistettero infatti alla vittoria del Signore sugli egiziani perché alla “veglia del mattino” (cioè l’ultimo turno di veglia tra le 3 e le 6) il Signore “mise in rotta (gli egiziani), frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscirono a spingerle” … “Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito” dopo di che Mosè e gli israeliti espressero la loro lode di ringraziamento al Signore (“Voglio cantare al Signore perché ha mirabilmente trionfato”). La narrazione continua riferendo che “gli israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare” e Maria, sorella di Mosè e di Aronne, seguita da altre donne con tamburelli e con danze intonarono di nuovo il ritornello: “Cantate al Signore, perché ha mirabilmente trionfato”. Un’altra notte, allo stesso orario “molto presto, al levare del sole” (tra le 5 e le 6), sempre delle donne sono invitate ad annunciare il trionfo del Signore. Sono Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome, ovvero le stesse donne che aveva- no dimostrato fedeltà alla sequela di Cristo fino alla fine perché presenti al momento della morte (“osservavano da lontano”), loro che dalla Galilea avevano seguito e servito Gesù salendo con lui fino a Gerusalemme. Queste donne che evidenziano una certa indipendenza economica insieme all’insolita libertà di viaggiare non vincolate dalla presenza dei loro uomini (mariti, fratelli, padri…) garantiscono sempre la loro presenza, prima (15,40), durante (15,47) e dopo (16,1) la passione/morte di Gesù e proprio a loro spetterà il primo annuncio della risurrezione del Signore (16,7). La loro presenza è tanto reale quanto sconvolgente se si pensa che la testimonianza di una donna non veniva nemmeno accolta in tribunale. L’unico loro interesse era Gesù, benché ognuna fosse caratterizzata da un’indole diversa dalle altre: Maria di Magdala era la donna dalla quale Gesù aveva scacciato 7 demoni (Lc 8,2), Maria madre di Giacomo e di Ioses era parente di Gesù (Mc 6,3), e Salome era – forse – la danzatrice convertita (Mc 6,17s).
Sono donne realiste e sconvolte dal lutto perché il primo pensiero va subito alla necessità di avere qualcuno che rotoli via la pesantissima e grande pietra che secondo l’uso chiudeva l’ingresso del sepolcro. Eppure a loro spetta di vedere per prime il sepolcro aperto perché “la pietra era già stata fatta rotolare”. Secondo il racconto dell’evangelista Marco, sono anche le prime ad entrare nel sepolcro. A questo punto invece di un cadavere vedono un giovane che ha un’identità particolare, perché è vestito di una “veste bianca, seduto sulla destra”, ovvero un colore festoso e una posizione da comandante. Benché la presenza debba destare gioia e sicurezza, esse sono prese da paura, ma il giovane intima di non aver paura e dona loro la più bella delle informazioni: “È risorto, non è qui”, e le incarica di una missione: “Dite ai suoi discepoli e a Pietro: ‘Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto’”. Il sepolcro vuoto ha una rilevanza teologica perché il Salmista aveva profetizzato l’inconciliabilità della presenza in esso (“non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa”, Sal 16,10) e un fondamento storico perché Pietro lo addita come testimonianza concreta (“il suo sepolcro è ancora oggi fra noi”,At 2,29). Pur tuttavia occorre rilevare che il sepolcro vuoto non è la mèta, ma l’inizio dell’evangelizzazione perché alle donne viene fatto annunciare che Gesù si farà vedere in Galilea, in territorio pagano. (Chi è stato al Santo Sepolcro sa quale impulso riceve alla missione!).
Quindi il sepolcro vuoto è il punto di partenza geografico e la notte è l’avvio ’temporale’. La notte appunto! Secondo la letteratura rabbinica sono 3 + 1 le notti in cui il Signore ha donato e donerà la salvezza: la notte della creazione, la notte della chiamata di Abramo e la notte dell’uscita dall’Egitto. A queste notti viene aggiunta quella in cui verrà il Messia. Questa notte noi l’abbiamo conosciuta con il Natale, ma se non avessimo trascorso quest’altra notte della Pasqua non avremmo ‘incontrato’ il Messia, colui che è stato liberato dal potere della morte e che a sua volta strappa dalla morte l’umanità. C’è notte più significativa di questa specie per chi la morte ha diviso dai propri cari? “O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi… Il santo mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti” (Preconio pasquale).
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli apostoli 10,34.37-43
SALMO RESPONSORIALE
Salmo 117
SECONDA LETTURA
Dalla Lettera ai Colossesi 3,1-4 (5,6b-8)
VANGELO
Dal Vangelo secondo Giovanni 20,1-9