Eccesso di legittima difesa

di Pier Giorgio Lignani

Ancora un tentativo di rapina finito con la morte del rapinatore.

Questa volta è successo a Frattamaggiore, nell’area metropolitana di Napoli, il 10 febbraio. Un gioielliere è stato assalito da una banda di rapinatori armati, si è difeso sparando, uno dei malviventi è rimasto ucciso. Non dovrebbero esserci molti dubbi sul fatto che si tratti di un caso di legittima difesa e che pertanto non ci sarà un processo a carico del gioielliere. Però intanto gli è stato comunicato un avviso di garanzia per il reato (ipotetico) di “eccesso colposo”. Che significa? Il Codice penale dice che per riconoscere la legittima difesa non basta che ci sia stata un’aggressione illecita, ma occorre anche che ci sia stata una certa proporzione fra l’offesa e la difesa.

Insomma, se uno ti assale con un temperino, non puoi rispondere a cannonate. La proporzione però va misurata tenendo conto del punto di vista dell’aggredito; se ha sopravvalutato il pericolo, ma il suo errore era giustificato, vale sempre come legittima difesa. Se l’errore, pur commesso in buona fede, non era giustificato, allora si è verificato quello che la legge chiama “eccesso colposo in legittima difesa”. Per capire se vi sia stato o no un eccesso colposo, il magistrato deve fare un minimo di accertamenti, e per farli deve mettere l’uccisore in condizione di difendersi; l’avviso di garanzia serve proprio a questo, non equivale a una condanna e nemmeno a una incriminazione. Secondo l’onorevole Salvini, invece, in casi del genere non si dovrebbero fare neanche le indagini, la legittima difesa dovrebbe essere riconosciuta a prescindere. E questa è una forzatura che va oltre il testo della legge. Bisogna ricordare che la norma sulla legittima difesa, come l’abbiamo oggi, è stata scritta nel 1930 ed è stata modificata, in senso più favorevole all’aggredito, da una legge del febbraio 2006, quando il ministro della giustizia era Castelli, del partito di Salvini. Andare oltre significherebbe introdurre, per certi tentativi di reato, la pena di morte senza processo e senza appello. In uno Stato di diritto non si può.