di Angelo M. Fanucci
Hanno un nome stranissimo: gli Incontattati. Esatto, vanno chiamati proprio così. Sono gli indios della foresta amazzonica peruviana, che non hanno mai avuto nessun contatto con il mondo esterno.
Survival, movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, stima che in alcune delle zone più remote di quell’immensa foresta vivano 15 diverse tribù di indios incontattati, dal nome pittoresco: i Cacataibo, gli Isconahua, i Matsigenka, i Mashco- Piro, i Mastanahua, i Murunahua (o Chitonahua), i Nanti e gli Yora. Nomi pittoreschi come le ali delle migliaia di tipi di farfalle che svolazzano sopra le loro teste. Nomi pittoreschi, e una situazione reale drammatica: “Le società industrializzate li sottopongono al rischio di genocidio, schiavitù e razzismo per poterli derubare di terre, risorse e forza lavoro in nome del ‘progresso’ e della ‘civilizzazione’”. Senza peli sulla lingua. Al punto che, se non verranno prese misure urgenti, molto probabilmente si estingueranno: si tratta di gente estremamente vulnerabile di fronte a ogni forma di contatto esterno, anche perché “non hanno difese immunitarie verso le malattie occidentali”, al punto che “a seguito del primo contatto, solitamente oltre il 50% della tribù muore. In alcuni casi, muoiono tutti”. Nei primi anni ’80, i primi saggi di ricerca del petrolio effettuati dalla Shell portarono al contatto con la tribù isolata dei Nahua: in pochi anni, quasi il 50% dei Nahua morì.
Oggi, nei territori dei Cacataibo e dei Nanti, operano compagnie petrolifere che rispondono al nome di Perenco, Repsol-Ypf e Le petrolifere. Cannoniere. Cannonate.
Il Governo peruano si offre loro spontaneamente “come una porta aperta”, e le invita a compiere sempre nuove esplorazioni nelle aree abitate dalle tribù di Incontattati.
Papa Francesco, nel suo viaggio in Perù, proprio agli Incontattati ha riservato il primo posto: era doveroso, sulla scia di quel motto (“Ecco, faccio nuove tutte le cose”) che è risuonato nella prima lettura della messa celebrata sulla spianata marina di Huanchaco (500 mila persone, o forse 600 mila o forse…). È il programma che, nei confronti del mondo, Gesù di Nazareth ha tracciato per la sua comunità. E Papa Francesco li ha ascoltati tutti, uno per uno, i rappresentanti delle tribù che avevano avuto il coraggio di uscire dal loro isolamento per affidare al Papa la loro speranza di sopravvivenza.
Per quella sopravvivenza non basterà, carissimo Papa Francesco, l’impegno che tu hai garantito loro. Non basterà: è la passione di Cristo che si prolunga nei secoli nella passione degli ultimi. Non sarà sufficiente a impedire il genocidio. Cannoniere. Cannonate. Vinceranno loro. Basterà forse a far emergere in qualcuno di noi cristiani medio/ mediocri quella santa faziosità che il tuo e nostro Signore ci ha raccomandato come essenziale nel nostro servizio al mondo.