Un bel midrash (ovvero un commento rabbinico) al libro di Giona ama aggiungere alcuni dettagli al testo canonico, quello che già conosciamo. Ad esempio, al capitolo 2 del libro è detto: “Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti”. I rabbini, ovviamente, si interrogano su che cosa Giona abbia mai fatto tutto questo tempo, oltre che pregare (vedi la bellissima orazione in Giona 2,3ss.).
E scrivono così. “Quel pesce, spiega Rabbi Tarfon, era stato pensato sin dai sei giorni della creazione per inghiottire Giona. Giona entrò nella sua bocca così come un uomo entra in una casa, tanto che vi poteva rimanere in piedi. I due occhi del pesce erano come due finestre che davano luce a Giona. Ma, secondo il parere di Rabbi Meir, c’era anche una perla sospesa dall’alto del pesce, che dava luce a Giona, come un sole, rendendogli possibile vedere tutt’intorno, nel mare e negli abissi. Il pesce domandò a Giona: ‘Lo sai che è giunto per me il momento di entrare nella bocca del Leviatano, ed essere divorato da lui?’. Giona allora gli disse: ‘Portami da lui, e io salverò te e anche me stesso’. Il pesce subito condusse Giona dal Leviatano, e Giona gli disse: ‘Leviatano, è per te che io sono disceso fin quaggiù, per vedere il posto dove dimori. Io sono stato destinato a cingere la tua gola con un cappio, portarti su e distruggerti, per la gran gioia dei giusti’. A questo, il Leviatano fuggì nuotando precipitosamente via da Giona. Dopodiché Giona disse al grosso pesce: ‘Ora che ti ho salvato dalla bocca del Leviatano, mostrami tutto quello che c’è nel mare e negli abissi’. Il pesce gli mostrò il grande fiume dal quale nascono le acque dell’oceano; gli mostrò il sentiero che Israele aveva attraversato passando il Mar Rosso; (…) gli mostrò i pilastri della terra e le sue fondazioni; gli mostrò la Geenna e lo Sheol” (H. N. Bialik, Book of Legends – Sefer Ha-Aggadah: Legends from Talmud and Midrash, 133-134).
Di questo racconto così suggestivo, tre punti ci colpiscono particolarmente. Intanto, l’idea che il grosso pesce fosse lì, per Giona, sin dalla fondazione del mondo: questi viene gettato dalla barca e rischia di morire nella tempesta, si salva invece perché quel pesce c’è, preparato da Dio. Si dice poi che Giona sarebbe sceso fino nelle profondità degli oceani per visitare gli inferi. Anche se qui abbiamo a che fare – lo sappiamo bene – con una favola dallo scopo religioso ed educativo, non possiamo non notare le analogie con quanto la nostra fede ci dice di Gesù (e qui invece usciamo dalle favole).
Gesù, nel tempo di quel silenzioso Sabato santo, scese negli inferi, come detto nella Prima lettera di Pietro: “Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione” (1 Pt 3,18-19). Con questa affermazione l’apostolo sottolinea che la morte di Cristo è salvezza anche per coloro che non l’hanno potuto conoscere, per quelli che sono vissuti prima di lui; si dice una salvezza universale, che non si ferma nemmeno davanti alla barriera della morte. Quest’idea, come abbiamo visto, non è estranea alla riflessione ebraica, simbolicamente raccolta nel commento a Giona.
I vangeli di Matteo e di Luca parlano di un “segno di Giona”, a cui Gesù si è riferito rimproverando chi non accoglieva la sua predicazione: “Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (Mt 12,40). La profezia si è avverata, e il segno di Giona rimanda ora al mistero pasquale di Gesù. In quel sabato il Messia è sceso, come Giona nel ventre del pesce, nel cuore della terra, dove è stato sepolto. Ma l’idea che più colpisce è quella di Giona che è inviato negli abissi per sconfiggere il Leviatano. Questo mostro mitologico è spesso presente nella Bibbia, ed è un avversario di Dio, sul quale però mai prevale: “Tu, Dio, con potenza hai diviso il mare, hai schiacciato la testa dei draghi sulle acque. Al Leviatàn hai spezzato la testa, lo hai dato in pasto ai mostri marini” (Sal 74).
Isaia aveva profetizzato che Dio avrebbe, un giorno, definitivamente sconfitto il mostro: “In quel giorno il Signore punirà con la spada dura, grande e forte, il Leviatàn serpente guizzante, il Leviatàn serpente tortuoso” (Is 27,1); e questo avrebbe portato la salvezza per tutto Israele: “Così sarà espiata l’iniquità di Giacobbe e questo sarà tutto il frutto per la rimozione del suo peccato” (27,9). Il mostro, simbolo del Male, viene sconfitto: i peccati di Israele cancellati. Noi cristiani crediamo che questa profezia sia stata compiuta con la passione, morte, risurrezione di Gesù; e con la sua misteriosa discesa agli inferi.