di don Angelo M. Fanucci
“Questa è confusione mentale”: non possono non averlo pensato i pochi fedeli che nella “mia” chiesa di Santa Maria de’ Servi a corso Garibaldi, come dire al centro spopolato di Gubbio, domenica scorsa, 7 gennaio 2018, nel corso della seconda messa che stavo celebrando per la festa del Battesimo del Signore, ascoltavano l’omelia che avevo dovuto rabberciare all’ultimo momento.
Vi ricordate l’ éscamotage inventato su due piedi da quel reverendo che aveva preparato una certa omelia su un certo brano biblico, ma, una volta salito all’ambone, se n’era trovato davanti un altro? “Cari fedeli, nelle letture di oggi non c’è niente di buono; perciò rifletteremo su quelle di domenica prossima”. È stata anche la mia tentazione. Ho frenato all’ultimo momento.
Il fatto è che la messa che avevo celebrato due ore prima riportava un brano di Isaia diverso da quello che adesso, nella seconda messa, mi trovavo davanti.
Nelle prima messa avevo letto il brano in cui il profeta parla dello stile di vita che Dio adotterà quando verrà tra noi uomini: uno stile di vita tutto sottovoce, discreto, amichevole, e soprattutto deciso a “non spegnere i lucignoli fumiganti” e a “non spezzare le canne incrinate”. Come dire che lo riconoscerete dal fatto che si prenderà cura della forme di vite umane più deboli e in pericolo di emarginazione, che apparentemente sono irrecuperabili a una convivenza umana degna di questo nome, ma che ai Suoi occhi sono vite nella pienezza del termine, persone che hanno tutte una dignità infinita, assoluta, non quantificabile, A questo punto nell’omelia della prima messa che avevo celebrato m’ero lanciato in un peana, in un inno celebrativo appena appena criptato, a lode di quelle comunità d’accoglienza in una delle quali anch’io vivo da 47 anni. Simulando distacco, in realtà celebrando me stesso invece che l’Unico degno di essere celebrato.
E adesso, nell’omelia della seconda messa… impossibilitato a cancellare quello che m’ero messo in testa di dire…. andai per campi, a lungo, confuso, a strasciconi. Non ricordo cosa dissi; furono affermazioni che Isaia n. 1 mi autorizzava a dire, ma Isaia n. 2 no, perché diceva tutt’altro. Ricordo le facce dei miei quattro ascoltatori, facce mute che dicevano: “Il prete nostro stavolta è in confusione mentale”.
Non era confusione mentale. Era presunzione. La povera presunzione di chi si proclama servitore della Parola e poi la usa a suo e consumo.