‘Cantiere dell’utopia’: tutto fatto

Presentati il 5 aprile gli ultimi restauri alla basilica superiore di San Francesco

Tutti abbiamo ancora davanti agli occhi l’immagine, rimandataci dalla tv, dell’immensa nuvola di polvere e calcinacci che in un attimo investì l’interno della basilica superiore di San Francesco d’Assisi. Era il 26 settembre del 1997: una forte scossa di terremoto, quella delle 11.43, che colpì l’Umbria e le Marche, causò il crollo di parte degli affreschi e delle volte: la vela con san Girolamo nella prima campata e le due vele nella campata sopra l’altare maggiore (la vela di Cimabue e la vela stellata). Il crollo, purtroppo, provocò anche quattro vittime, due tecnici della Soprintendenza e due frati. I giorni successivi furono un susseguirsi di attività, volte soprattutto alla messa in sicurezza dell’edificio sacro e al recupero delle centinaia di frammenti sparsi tra mattoni, calcinacci e intonaco. Una gara di solidarietà che coinvolse, oltre i tecnici della Soprintendenza e i restauratori dell’Istituto centrale per il restauro di Roma (Icr), capitanati dal direttore dei lavori della basilica Giuseppe Basile, anche molti volontari da tutta Italia, soprattutto studenti dei corsi di conservazione e di storia dell’arte di Viterbo e Roma. Da quei primi giorni, seguenti l’emergenza, sono passati otto anni nel corso dei quali molto lavoro è stato fatto. Un lavoro affannoso, al quale ha dato un notevole contributo, dall’inizio dei restauri, Paola Passalacqua, restauratrice della Soprintendenza dell’Umbria. Decine poi i restauratori impegnati, 60.000 le ore impiegate, per un costo di 2 milioni di euro. Mercoledì 5 aprile scorso, ad Assisi, con l’inaugurazione degli ultimi tasselli mancanti, la vela di San Matteo di Cimabue e quella del cielo stellato, il ‘cantiere dell’utopia’, come era stato identificato, si è concluso. Ripercorriamone la storia. Il 29 novembre 1999, vigilia del Giubileo, la basilica viene riaperta al culto, dopo un intervento di conservazione e restauro durato due anni. Due degli otto santi contigui alla controfacciata, i santi Rufino e Vittorino, riprendono posto sulla volta. Vengono raccolte le macerie in corrispondenza dell’arcone dei santi e della vicina vela di San Gerolamo, come della vela stellata e di quella di San Matteo: in tutto 300.000 frammenti. Operazioni, queste, che furono condotte in condizioni difficilissime, poichè le scosse continuavano a colpire il complesso basilicale. Seguì un lavoro di selezione e di classificazione dei frammenti, in base alle sfumature, al colore, alla tecnica esecutiva; poi è cominciato il riconoscimento fotografico, seguito da tentativi di individuazione, in base ai punti di frattura, dei possibili punti di attacco. Indispensabile è stato l’ausilio delle fotografie a colori scattate prima del sisma e la loro stampa a grandezza naturale, sulle quali si poterono effettuare le prove di rispondenza dei frammenti. Finalmente il 26 settembre 2001 vengono ricollocati gli otto santi dell’arcone (oltre san Rufino e san Vittorino, Benedetto, Antonio da Padova, Francesco, Chiara, Domenico, Pietro martire). Le lacune vengono compensate tramite la tecnica del tratteggio e dell’abbassamento ottico della lacuna stessa. Dopo un anno, il 26 settembre 2002 viene ricollocata anche la vela di san Girolamo: circa 80.000 frammenti su una superficie di 80 mq. Il 5 aprile l’inaugurazione della vela di San Matteo e del cielo stellato. Non molto è stato recuperato: già prima del crollo le condizioni dell’affresco non erano buone. L’abitudine di Cimabue di usare biacca, mescolata ad altre vernici, ha fatto sì che il colore, a distanza di tempo, diventasse via via evanescente, quasi monocromatico. Per questo la ricostruzione non è stata facile. Ma il miracolo è avvenuto lo stesso.

AUTORE: Manuela Acito