È stata festa grande, domenica scorsa, per tutta la chiesa di Città di Castello, ma anche per la vicina Sansepolcro. Andrea Czortek è stato ordinato prete dal vescovo Pellegrino Tomaso Ronchi. Tantissime persone in cattedrale hanno partecipato al rito. Presenti numerosi sacerdoti della diocesi tifernate e della vicina diocesi toscana. Durante l’omelia mons. Ronchi ha come tracciato l’identikit del prete, uomo che si offre all’azione dello Spirito santo con libertà e generosità: e questo sembra quasi un prodigio, dato che la nostra epoca pare così allergica agli alti ideali. Come tutti i cristiani, anche il prete riceve la grande grazia di essere illuminato dalla luce di Dio attraverso la fede, ed il battesimo è il sacramento di questa ‘illuminazione’. Ognuno di noi – ha ricordato mons. Ronchi – sa benissimo che la fede è un cammino che comporta un continuo approfondimento o ricerca, e cioè si deve crescere, maturare e progredire sempre. La fede non esclude difficoltà, prove o momenti di oscurità. Vale quindi per ognuno il duplice richiamo del Vangelo all’ascolto assiduo della Parola di Dio e alla disponibilità a lasciarsi docilmente illuminare e guidare dalla luce di Cristo. Il prete è un uomo che ha ricevuto un dono e che vive un mistero. Dono, perché ‘la vocazione sacerdotale è qualcosa di non meritato, ma un segno di predilezione da parte di Colui che ci ha chiamati a condividere la sua amicizia’. Mistero, ‘in quanto non è umanamente spiegabile il perché Cristo abbia posto il suo sguardo di predilezione su ciascuno di noi’. Tutto questo diventa impegno personale, dato che ogni prete è chiamato a ricambiare quanto ricevuto fino all’eroismo, come è stato pronto a fare – ha ricordato solo a titolo d’esempio mons. Ronchi – don Andrea Sartoro, ucciso due mesi fa in Turchia. ‘Siamo privilegiati – ha detto mons. Ronchi rivolgendosi a Czortek – a svolgere il ministero pastorale in questa Umbria, terra di gigantesche figure di santi, tra le quali primeggiano Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi’. Proprio il serafico padre venerava a tal punto i sacerdoti che diceva: ‘Se incontrassi insieme un santo venuto dal cielo ed un povero prete, io esprimerei la mia venerazione innanzitutto al sacerdote, baciandogli subito le mani, e direi: Aspetta un momento, san Lorenzo, perché le mani di questo uomo toccano il Verbo della vita e possiedono una potenza sovrumana’. Il gesto antichissimo, silenzioso, dell’imposizione delle mani da parte del Vescovo, seguito da tutti i sacerdoti presenti, e la successiva preghiera consacrano un sacerdote. Il prete viene rivestito della casula, le sue mani segnate con il crisma, gli vengono consegnati il pane ed il vino per la celebrazione dell’eucaristia; dopo questi riti che spiegano chi è un presbitero, lo scambio di pace con il Vescovo e tutti i sacerdoti presenti. Inizia quell’impegno comune e quotidiano di tutti i preti, che ha voluto ricordare anche mons. Ronchi: ‘Dobbiamo essere convinti che il nostro primo impegno è quello di esserci davvero, sulle strade della vita, a condividere le fatiche, le stanchezze, i dubbi e le inquietudini della gente che cammina; di proiettare la luce del Cristo risorto ascoltando, compatendo, accompagnando, condividendo, da pellegrini anche noi, umili e onesti servitori e ricercatori del vero’.
Umili e onesti servi del Vero
NUOVO SACERDOTE
AUTORE:
Francesco Mariucci