Lettera a una cattiva maestra

di mons. Paolo Giulietti

Anche questa settimana la Rete e i social media hanno fatto notizia: dall’allarme per le fake news costruite e diffuse a fini elettoralistici, al suicidio di una ragazza i cui video hard sono stati postati su internet; dalla blogger denunciata per istigazione all’anoressia, alla nascita a Milano del Conacy – Coordinamento nazionale per la prevenzione e il supporto ai casi di cyberbullismo – del ministero della Pubblica istruzione. È vero che “fa più notizia un albero che cade di una foresta che cresce”, ma è difficile non preoccuparsi per gli effetti negativi della Rete sulle relazioni, sull’educazione e sulla stessa democrazia. Tanto più che le tecnologie legate alla portabilità sono in continua evoluzione e rendono la Rete una compagna inseparabile, che ci segue in auto, a casa, a scuola e al lavoro, e mette a disposizione di tutti, grandi e piccini, un mix di testi, immagini e video la cui influenza si può difficilmente esagerare. Karl Popper scriverebbe probabilmente “cattiva maestra Rete”, lui che nel 2011 pubblicò il saggio Cattiva maestra televisione, nel quale metteva in guardia dal potere condizionante del piccolo schermo. Il problema principale non sono forse i contenuti veicolati, anche se chi mette un palmare in mano a un ragazzino dovrebbe sapere che con pochi click su Youtube si viene portati da una canzoncina per bambini a un video osé.

Così la cara nonna, che mai si sognerebbe di regalare alla nipotina una pubblicazione meno che castigata, donandole per la prima comunione l’agognato telefonino (ma se la funzione telefonica è ormai del tutto residuale, perché lo chiamiamo ancora così?), la proietta in un mondo di immagini, situazioni e proposte difficili anche solo da immaginare. Al di là dei contenuti, però, fa pensare soprattutto l’approccio alla comunicazione che viene indotto dalla Rete: la quantità e la velocità delle notizie e dei materiali a disposizione fanno sì che la capacità di riflessione e di verifica lasci il posto a un atteggiamento di creduloneria che rende facili vittime di inganni e seduzioni. Il che è vero per i piccoli, ma anche per gli adulti, altrimenti non si spiegherebbero le fake news coniate per le campagne elettorali.

Che fare? Senza dubbio coltivare la capacità di giudizio. Don Milani insegnava a farlo ai suoi alunni di Barbiana, leggendo e commentando con logica serrata i quotidiani e i libri di storia. La sua Lettera ai giudici è un capolavoro di contro-informazione, in cui le false affermazioni della retorica militarista vengono esaminate e confutate una per una. Abbiamo bisogno, per gestire una “cattiva maestra” di cui non possiamo più fare a meno, di buoni maestri che insegnino a riconoscere il vero dal falso, il bene dal male: genitori, insegnanti, catechisti, giornalisti… Nessuna caccia alle streghe, solo una spietata caccia alle bufale.

3 COMMENTS

  1. Io ricordo le recenti fake news diffuse dai media tutti schierati per il SI nel referendum costituzionale svoltosi esattamente un anno fa, e cioè che se avesse vinto il NO sarebbe crollato il PIL, ci sarebbe stata una disoccupazione ancora maggiore e molti altri scenari apocalittici, costruite appositamente per ingannare gli elettori. Non credo ci sia da fidarsi della verifica delle notizie da parte dei giornalisti, purtroppo l’indipendenza della stampa italiana lascia molto a desiderare perché gli editori non sono puri. Fortunatamente c’è il web per informarsi, anche se stanno cercando in tutti i modi di porre censure.

  2. Le bufale o la pessima informazione, fatta non solo di notizie false ma anche omesse, vengono diffuse molto più dai media tradizionali che non dalla rete con l’ aggravante che è molto più difficile che possano essere smascherate.

    • È vero, le “bufale” sono sempre esistite, ma non è vero che sono più molto più diffuse dai media tradizionali. Il lavoro dei giornalisti è quello di verificare le notizie, e questo è una garanzia per i lettori. Le false notizie di cui si parla nell’articolo non sono quelle che escono per errore o per superficialità (sono gravi anche queste) ma sono le notizie costruite con il fine di ingannare chi legge. I social sono dei grandi diffusori di queste notizie e su questo piano non c’è assolutamente confronto con i media tradizionali. Tutto questo per dire che riguardo alle notizie che girano sui social e più in generale nel web occorre attivare un forte senso critico che significa dire “non la condivido e non la diffondo se prima non ho confrontato altre fonti di informazione”.

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