“Tu hai fatto tutte le cose, il cielo e la terra e tutte le meraviglie che vi sono racchiuse; tu sei il Signore di tutto l’universo” (Est 4,17b) professa Mardocheo nella preghiera che ascoltiamo nell’antifona d’ingresso, preghiera che lui e la regina Ester rivolgono al Signore perché il loro popolo Israele, la “vigna del Signore”, sta per essere annientato e solo Lui può salvarlo. E la preoccupazione per la comunità è il motivo che ritorna nel “canto della vigna” del profeta Isaia dove il Proprietario presta una cura premurosa per la sua vigna, ne attende i frutti e poi, a causa del fatto che i frutti non vengono prodotti, si trova costretto a prendere la drastica decisione e la vigna “non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni”.
Il tema della “vigna” è ripreso dalla pagina evangelica che questa 27ma Domenica del Tempo ordinario conclude il trittico delle “parabole della vigna”, anche se più che la vigna, i veri protagonisti sono i vignaioli che si atteggiano come fossero i veri proprietari della vigna. Gli elementi che descrivono la vigna (siepe, torchio, torre, …) rimandano indiscutibilmente alla pericope di Isaia e, come in essa, anche nella parabola matteana il finale è drammatico e nello specifico anticipa la condanna a morte di Gesù.
Come nelle precedenti due parabole, anche qui il messaggio è diretto ai capi del popolo (vigna) perché è introdotta dall’invito ad ascoltare “un’altra parabola”. Il Proprietario pianta una vigna con tutti i migliori accorgimenti e ne affida la gestione a dei contadini. È precisato che al “tempo di raccogliere i frutti” il Proprietario invia dei servi, ma questi vengono uno bastonato, un’altro ucciso e un altro ancora lapidato. Fin qui non c’è nulla di nuovo rispetto all’Antico Testamento perché in numerosi passi dei Libri storici e profetici è ribadita l’attenzione del Signore per la Sua vigna per la quale ha inviato più volte i Suoi servi, i Profeti, ma non sono stati accolti, anzi, in alcuni casi sono stati anche perseguitati.
L’elemento nuovo è piuttosto l’inserimento del “figlio” del Proprietario che altrettanto non viene accolto ed è specificato che i contadini lo hanno condotto “fuori dalla vigna” e lo hanno ucciso. A questo punto, alla domanda di Gesù: “cosa farà il proprietario della vigna a quei contadini”, i Suoi uditori rispondono con la legge della “retribuzione”: hanno ucciso, perciò “li farà morire miseramente”. E allora subentra un altro passaggio “nuovo” che va cioè oltre il pensiero dei 1uoi contemporanei perché il “figlio ucciso fuori dalla vigna” è un indiscutibile riferimento a Cristo stesso perché “fuori dalla vigna”, ovvero fuori dalle mura di Gerusalemme, veniva infatti mandato via e quindi sacrificato una volta l’anno un capro che doveva prendere su di sé le colpe commesse dagli israeliti (Lv 16,21-21) e così una volta per tutte “Gesù ha subito la passione fuori della porta della città” (Eb 13,12). A confermare ciò è la citazione del Salmo 118,22-23, citazione che leggiamo anche in altri due brani neotestamentari (At 4,11 e 1Pt 2,7) e che anticipa e sigilla allo stesso tempo il rifiuto di Cristo da parte dei “capi” (la pietra scartata dai costruttori), ma anche il fondamento (pietra angolare) che Cristo sarà della futura comunità cristiana, la “nazione” non da intendere in contrasto, ma in continuità con il popolo dell’antica Alleanza.
La storia del popolo biblico è del resto caratterizzata da “pietre scartate”: si pensi a Giuseppe, scartato dai fratelli, ma in terra straniera è stato motivo di salvezza e di sopravvivenza dei suoi familiari. Ricordiamo Davide, non preso in considerazione da Iesse al momento di essere unto da Samuele, poi mandato a chiamare mentre era a pascolare il gregge, per divenire il re secondo il cuore di Dio. Pensiamo ad Ester che per la sua situazione familiare è stata donata al re di un popolo non israelita e che è poi diventata causa di scampato sterminio dei suoi connazionali.
Così Cristo, rifiutato, oltraggiato, perseguitato e ucciso brutalmente “fuori” Gerusalemme diviene per quanti lo riconoscono Figlio di Dio centro, fondamento e motivo di vita. La Parola di Dio ci trasmette certamente l’ardua realtà che la “vigna” del Signore necessita di “sacrificio”: Giuseppe, David, Ester ed altri ancora, hanno sofferto la solitudine fuori dalla “vigna”. Cristo ha immolato tutto se stesso pagando anche Lui oltre che con gli oltraggi, con il vuoto interiore del rifiuto e dell’abbandono. Questo accade anche agli uomini di questo mondo che in virtù di una verità combattono contro l’incomprensione.
La novità è che con Cristo non esiste rancore o, peggio ancora odio, perché solo “ciò che è virtù e merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 6,8). Inoltre il cristiano è animato dalla consapevolezza che solo Lui sa trasformare gli “scarti” in “pietre angolari”. Ma il messaggio è anche di stare attenti a non scartare mai nessuno: “vorrei che prendessimo tutti il serio impegno di contrastare la cultura dello scarto … per promuovere una cultura della solidarietà e dell’incontro” (Papa Francesco, 05.06.’13.).
PRIMA LETTURA
Dal Libro di Isaia 5,1-7
SALMO RESPONSORIALE
Salmo 79
SECONDA LETTURA
Dalla Lettera di Paolo ai Filippesi 4,6-9
Commento al Vangelo della XXVII Domenica del tempo ordinario – Anno A
Dal Vangelo di Matteo 21,33-43