Che cos’è un pregiudizio? Quanti ce ne sono in giro? E quanti sono i pregiudizi tanto diffusi e radicati che neanche ci si rende più conto di averli? Queste domande le pose don Elio Bromuri al suo gruppo di universitari e giovani laureati, qualche anno fa – diciamo cinquanta – come allenamento e preparazione al dialogo fra i popoli e le religioni. Un tema, quello del dialogo, che allora era molto sentito (anche se poco praticato) nel clima del Concilio Vaticano II.
Queste riflessioni sul pregiudizio durarono mesi e furono sorprendenti per tutti i membri del gruppo, perché si scoprì che i pregiudizi che circolano nella mentalità comune sono innumerevoli. Che cos’è un pregiudizio? È quel meccanismo che ti conduce a esprimere un giudizio su una persona di cui in realtà non sai nulla, o meglio sai una cosa sola: per esempio che è nato in una certa parte del mondo o che è stato educato in una certa religione, e tanto ti basta per credere di sapere tutto il resto. O se non proprio tutto, almeno tutto quanto ti serve per decidere che di quella persona non ti fidi, non la vuoi intorno, se ne stia a casa sua. Spesso il pregiudizio è inconsapevole, affiora nel discorso con la scelta di un aggettivo, con una battuta che vuol essere scherzosa, ma non per questo è innocuo. Ce ne accorgiamo quando sono gli altri ad avere pregiudizi su di noi.
Così il gruppo guidato da don Elio, cinquant’anni fa, fece un inventario o censimento dei pregiudizi (o stereòtipi) correnti. Sembrava, allora, che tutto il mondo marciasse in buona fede verso il superamento delle divisioni, e pareva che queste riflessioni sul pregiudizio portassero una pagliuzza alla costruzione di un mondo unito. È cambiato qualcosa da allora? Che ci siano meno pregiudizi, mi pare impossibile dirlo. Se qualcosa è cambiato, è che di questi tempi la parola “dialogo” non seduce più nessuno, anzi provoca reazioni contrarie. La parola chiave oggi è quella opposta, “identità”. Ciascuno vuol difendere orgogliosamente la propria identità. In questo potrebbe non esserci nulla di male; ma il problema è che l’idea che abbiamo della nostra identità si nutre dei pregiudizi che abbiamo su altri; ed è dunque essa stessa un pregiudizio.