Multinazionali: in Francia un’altra storia

A Saint-Menet la produzione di cioccolato non è stata chiusa per decisione del tribunale e l'impegno di tutti

Perché a Perugia non è più arrivata la nuova produzione di cioccolato dal sito produttivo francese di Saint-Menet che la dirigenza Nestlè aveva dichiarato ‘non produttivo’ nel 2004 e, quindi, da chiudere? Perché stabilimenti identificati dalla stessa multinazionale del cioccolato come ‘migliori’ di quello di Marsiglia – italiani e spagnoli – non sono stati beneficiati dalla nuova produzione? Perché, in Umbria (Italia), una multinazionale come la statunitense Ingersoll-Rand decide appena 9 mesi dopo l’acquisto che la Cisa di Tavernelle è un sito ‘non più produttivo’ (la stessa cosa detta dalla Nestlè per Saint-Menet) e riesce immediatamente a delocalizzare una produzione di alto pregio e dai forti utili in Albania, Spagna e Turchia? Chi, in Umbria, lavora per le multinazionali si fa queste domande; i sindacati italiani affermano che è il diritto francese a difendere gli operai dalla globalizzazione. La Voce ricostruisce come i lavoratori della Nestlè di Saint-Menet, le loro famiglie, la Confédération générale du travail (Cgt, l’Association de défense des salaries de Nestlè (Adsn), dei giudici, un governo e un prefetto di regione hanno strappato importanti ‘sì’ al direttore generale di Nestlè Francia, Jean-Pierre Carli. Saint-Menet, la sconfitta della multinazionale del cacao Infatti studiare il caso Nestlè-Saint Menet potrebbe essere un buon punto di partenza per organizzare un’ efficace strategia sindacale – direbbero gli stessi lavoratori francesi ai colleghi italiani. Quando il 30 giugno dello scorso anno Nestlè volle bloccare la produzione dello stabilimento di Saint-Menet – 11 Arrondissement di Marsiglia – che dava lavoro a 427 operai (stop annunciato già nel 1’aprile 2004) aveva proprio fatto male i conti. Il giorno dopo gli operai ripresero la produzione di cioccolato. Ma i lavoratori di Saint Menet – già nel luglio 2004 – avevano fatto un’ azione decisiva contro la ‘razionalizzazione selvaggia’ pianificata da Nestlè sui nuovi siti produttivi: si erano recati in tribunale, facendo notare al giudice del Tribunal de Grande Instance (Tgi) di Marsiglia, che la strategia Nestlè aveva una falla, una contraddizione. In cosa consisteva l’incongruenza? La stessa dirigenza Nestlè che giurava sulla ‘non produttività’ del sito di Saint-Menet, faceva al contempo di tutto per bloccare l’ingresso sul sito di un’altra società disposta a rilevare la stessa attività, temendone l’eventuale concorrenza. Delle due, l’una. Pertanto, il 24 agosto 2004, il giudice ordinò ai vertici della Nestlè di sospendere ‘ogni procedura di cessazione dell’attività produttiva e di verificare ogni possibilità per la presa in carico del sito da parte del gruppo francese di torrefazione Legal’. Che, appunto, Nestlè aveva rifiutato. Come se non bastasse, quando sulla scena dei possibili acquirenti irruppe Net Cacao (società appositamente creata da settori dell’agroalimentare francese, in collaborazione con Sucres et Denrées), la dirigenza Nestlè mise addirittura un veto. La dirigenza di Vevey si arrende Tuttavia, dopo altri sei mesi di ‘guerriglia civica’ (il termine è dei sindacalisti d’oltralpe), il Governo francese chiese al prefetto della regione di scavalcare il veto Nestlè, dando via libera all’acquisizione del sito produttivo di Saint-Menet da parte di Net Cacao, attuata dal 1’febbraio scorso. Fu il 23 novembre dello scorso anno che Nestlè cedette, accettando di subappaltare la produzione a Net Cacao. Il 31 gennaio scorso, a Saint-Menet, tramontava definitivamente l’era Nestlè: nell’operazione Saint-Menet, la multinazionale svizzera di Vevey aveva perso, secondo la stampa francese, circa 100 milioni di euro. La produzione di cioccolato targata Net Cacao inizierà ad uscire dalle linee produttive di Saint-Menet il prossimo aprile. Risultati conseguiti dai sindacati e dai lavoratori dopo circa 21 mesi di lotta? Subito la conservazione di una produzione di 20 mila tonnellate di tavolette di cioccolato, di 182 posti di lavoro grazie all’arrivo di Net Cacao, una cifra che dovrebbe salire a 350 entro il 2010; per 105 lavoratori è previsto il prepensionamento a 54 anni al 31 dicembre 2006 (questi lavoratori riceveranno da Nestlè un bonus di 10 mila euro) e, per gli altri, il ricollocamento in altre aziende del gruppo Nestlè. Più il pagamento della differenza del salario da parte di Nestlè, se Net Cacao dovesse erogare salari più bassi alle maestranze. Infine indennità sociali di licenziamento di 20 mila euro, una cifra da aggiungere a quelle tradizionali. Un piano sociale accettabile, non c’è che dire.

AUTORE: Paolo Giovannelli