Un migliaio di Comuni e oltre 9 milioni di cittadini: le elezioni amministrative di quest’anno sono un appuntamento significativo, anche se un po’ in sordina. Perché il quadro politico nazionale è come sospeso, in attesa della definizione non solo della data delle politiche (precedute dalla regionali in Sicilia), ma soprattutto del sistema elettorale.
Così nessuno ha interesse a politicizzare.
Ovviamente non certo il Governo, guidato da un Presidente del Consiglio sempre più impeccabile, tanto sul piano interno quanto internazionale, che peraltro ha fin dall’inizio assunto programmaticamente un basso profilo politico. Ma neppure le leadership di partito, tutte comunque alle prese con un quadro sistemico ricco di incognite: sarà interessante verificare il livello del Movimento 5 stelle, quello del Pd, ritornato sotto la guida di Matteo Renzi, e la base di consensi delle forze di centro-destra, ovvero quanti dei centri maggiori andranno a ciascuno dei tre poli in corsa (ma ci saranno anche liste civiche di sicuro interesse).
Tuttavia la tripolazizzazione in sede di confronto maggioritario non è pienamente sincronizzata con le prospettive della riforma elettorale e, dunque, del risultato delle stesse.
Sul sistema elettorale sembra si stia imboccando fortunatamente una direzione largamente condivisa.
E qui si possono fare tre considerazioni, con una premessa ovvia: fare previsioni sull’esito finale è impossibile – non per la forza, quanto per la debolezza di tutti gli interlocutori. Tanto più che il diavolo, come avverte un antico adagio, si annida nei particolari, di cui le leggi elettorali sono piene.
Il primo elemento è l’indirizzo proporzionale. Inevitabile alla luce del combinato disposto del fallimento della riforma costituzionale Renzi e della sentenza della Corte costituzionale sul cosiddetto Italicum, che sincronizzava i sistemi elettorali comunale e regionale con quello nazionale, cambiando contestualmente la forma di Governo.
Il secondo elemento è, tra i vari sistemi proporzionali o misti disponibili, la scelta che sembra delinearsi verso una certa assonanza con il sistema tedesco, almeno nella norma-base di una selezione di ingresso, fissata al 5%. È un modo per responsabilizzare molto le forze politiche.
Eccoci dunque alla terza e fondamentale considerazione. Che riguarda appunto i partiti e i loro leader. Il proporzionale è un sistema che ben si attaglia alla struttura plurale del sistema italiano, che non obbliga a produrre leader spesso deboli (come nella famosa favola di Fedro della rana e del bue), ma richiede soggetti forti. E smaschera le scorciatoie.
Insomma, invita a quella “maiuscola” che Papa Francesco ha indicato perché la parola “Politica” ritrovi la sua identità. Che è la vera riforma che attendiamo da ormai oltre trent’anni di infinito dibattito sulla riforma elettorale.
È un pre-giudizio di qualità, che è poi un bene comune. Reclamarlo con convinzione fa bene a tutti ed è anche oggi l’impegno pressante dei cattolici.