Il reddito di cittadinanza, chi potrebbe dire di non volerlo? Almeno in teoria, appare il modo per sostenere le persone in maggiore difficoltà economica, trasferendo loro risorse prelevate ai più abbienti mediante gli strumenti fiscali; che è la filosofia dello “stato sociale”. Ma ci sono anche problemi. In primo luogo il problema di stabilire le condizioni e i criteri per distinguere chi ha diritto e chi non ce l’ha.
Sapendo che ogni volta che si fa una legge per favorire i più bisognosi (o presunti tali) immediatamente scatta la corsa di tutti quelli che non avrebbero diritto ma fanno carte false per averlo. Per ora, chi lo propone accenna a nove milioni di beneficiari; un numero enorme anche se include quelli che prenderebbero solo una integrazione parziale. Il problema più serio, però, è dove prendere i soldi. E questo non è un problema tecnico, da lasciare a quelli che sono pagati per occuparsene. È un problema politico. Perché ogni soldo in più che si dà a qualcuno – con le migliori ragioni di questo mondo – è un soldo in meno che si dà a qualcun altro.
Ora, come sappiamo, lo Stato italiano è già indebitato per il 133 per cento del Pil, e se la cava solo perché i tassi di interesse in questa fortunata congiuntura sono i più bassi della storia. Già si sono tagliati i fondi delle scuole, dei tribunali, degli ospedali, delle forze dell’ordine, della manutenzione delle strade, dei servizi postali; e la gente protesta. È vero che ci sono ancora tanti canali di spesa pubblica che sono solo spreco. Ma anche i soldi spesi male finiscono in tasca a qualcuno, e non è detto che si tratti sempre di ruberie, molte volte si tratta di forme anomale e dissimulate di sussidio di disoccupazione. In ogni caso fare recuperi sul fronte delle spese inutili è difficilissimo tecnicamente oltre che autolesionistico, sul piano elettorale, per il governo che lo decide.
Chiunque propone un nuovo canale di spesa, come il reddito di cittadinanza, dovrebbe spiegare con chiarezza come finanziarlo, fino all’ultimo centesimo. Se non lo fa, vuol dire che è solo propaganda, altro che francescanesimo.