Con i recenti sviluppi delle indagini che hanno per oggetto gli appalti di alcuni servizi comunali, oggi Terni si trova in un preoccupante vuoto amministrativo. Ma è evidente che questa non è solo una situazione di crisi amministrativa. I suoi contorni sono anche politici, poiché con essa si manifesta la condizione gravissima nella quale versa il principale attore politico della città, il Pd.
Né questa del Pd è una crisi che nasce oggi con gli sviluppi delle indagini in corso, ma dalla sua progressiva rinuncia a svolgere il proprio ruolo di soggetto politico a tutto tondo della città e per la città: vi ha rinunciato rinchiudendosi nelle logiche asfittiche dei suoi piccoli gruppi dirigenti; mortificando le aspirazioni della città in ossequio a un regionalismo che significa di fatto delegare a Perugia le linee di governo locale; inseguendo interventi straordinari variamente denominati fino all’ultima area di crisi complessa, propagandandone un’efficacia che non potrà mai avere perché purtroppo servirà solo a distribuire un po’ di soldi a un po’ di aziende.
Da molti anni ormai il costo di tutto ciò ricade sulla città: piccole e grandi occasioni perse, risorse non utilizzate, progetti rinviati o mai elaborati. La crisi economica ha rappresentato un salto all’indietro apparentemente definitivo. Impoverimento e immobilismo si sono ormai cronicizzati. Oggi Terni ha bisogno di rialzarsi e ripartire, e questo richiede innovazione, tanta innovazione, in economia come nelle politiche locali, nelle imprese come nei partiti.
D’altro canto, la crisi dell’Amministrazione comunale e delle forze politiche che la sorreggono mette a nudo paradossalmente la pochezza di tutta la scena politica, la mancanza di proposte autorevoli e aggreganti, capaci di suscitare fiducia e mettere in campo una proposta per ripartire.
Il rischio per Terni è che questa situazione finisca per accelerare il declino in corso ormai da molti anni. Quello che serve oggi a questa città per ripartire è, prima di tutto, riconoscere la sofferenza che colpisce tutta la città, ma che è particolarmente acuta per alcune sue componenti, a partire da chi vive situazioni di grave disagio economico e di mancanza di lavoro; e poi serve stilare un “inventario” realistico delle risorse e delle potenzialità che, malgrado tutto, ancora rimangono; servono la lucidità e l’onestà intellettuale necessarie a individuare i nodi che soffocano la ripresa di un cammino di crescita e il coraggio per scioglierli.
La chiave di lettura della realtà che oggi, ancora più che in altri momenti, si deve adottare per adoperarsi per la ripresa di Terni è quella del bene comune, che significa riprendere un nuovo cammino realistico e condiviso di crescita della città.
In un momento di profondo malessere, di gravissima crisi politico-amministrativa e di inevitabile scontro politico, che non potrà non essere aspro, il confronto pubblico rischia di rimanere soffocato dalla rabbia, dalle rese dei conti, dalla ricerca del clamore mediatico, dai tanti particolarismi che oggi hanno la spinta per emergere più forti e occupare la scena. Al contrario, questo momento di crisi potrebbe diventare un’occasione per guardare finalmente senza infingimenti alla misera eredità politica e amministrativa che gli ultimi vent’anni ci consegnano, e per prenderne le distanze. O sarà così, o sarà un’altra (quante ne avremo ancora?) occasione persa.
Per chi volesse intraprendere questo cammino, le idee e i documenti del convegno cittadino organizzato dalla diocesi nel giugno 2008 sul futuro della città – da aggiornare, discutere, ampliare – rappresentano ancora un patrimonio a disposizione.
Per ridare gambe al futuro di Terni non basterà, di sicuro, la politica. Si tratta di un’impresa che può camminare solo se ci sarà lo sforzo generoso di tutta la comunità cittadina. La città si aspetta sempre meno dalla politica locale. Stanchezza e rabbia sono i sentimenti dominanti. E tuttavia è evidente che nei prossimi giorni e mesi a questo compito saranno chiamati in modo particolare, secondo le responsabilità loro proprie, i soggetti politici: a loro l’onere di adoperarsi per una ripresa della città. E la città, su questo, li giudicherà in modo più severo che in passato.