La sera del 25 aprile, festa civile della Liberazione del mondo dall’abominio tronfio e bestiale del nazifascismo, ho girellato a lungo con il mio vetusto telecomando in cerca di qualcosa che fosse significativo della sostanza, e non solamente celebrativo della forma della festa del giorno.
Ho girellato, ho cercato, ho trovato: mi sono imbattuto in un’emittente sconosciuta che trasmetteva un film del 2005, La Rosa Bianca – Sophie Scholl – L’ultimo giorno. È il racconto asciutto, ma pieno di fuoco interiore, della cattura, della breve prigionia, del processo e della condanna alla pena capitale subìti da Sophie Scholl, da Hans suo fratello maggiore, oltre che da un loro amico. La pena capitale tramite decapitazione: una piccola ghigliottina, quasi un giocattolo messo insieme da uno sconosciuto papà premuroso, su commissione di quell’altro Papà, quello che è nei cieli, che è premurosissimo, ma le sue vie passano a volte attraverso atrocità del genere.
Accusati di cospirazione contro il regime del Führer, Hans e Sophie fanno parte del gruppo clandestino di opposizione operante a Monaco di Baviera nel 1943 col nome di Rosa Bianca.
Sophie è una limpida studentessa universitaria che vive con il fratello Hans a Monaco per tutta la Seconda guerra mondiale. Ma, dopo la mattanza di Stalingrado, sono molti i tedeschi che desiderano solo la resa della loro Germania. Sophie collabora scrivendo nottetempo sui muri di Monaco e distribuendo di giorno all’università volantini che denunciano l’inutile atrocità del nazismo e della sua guerra.
Colta sul fatto, portata alla confessione da un investigatore abilissimo, la condanna a morte le viene inferta da un tribunale presieduto da Roland Freisler, noto giurista del III Reich, già commissario sovietico e adesso impegnato a riabilitarsi di fronte a Hitler. Una tragica farsa. Davanti a Sophie il giudice togato appare un tragico burattino di pezza, urlante. Ma la figura di Sophie, 20 anni, è di un purezza totale: sempre lucida e trasparente, quando contrappone alla macchina infernale del caporale austriaco la propria coscienza, le sue parole sconfinano nell’epica più vera: senti in esse il ritmo esaltante della vita.
Farsa. I due fratelli e un loro amico vengono ghigliottinati col giocattolo di papà; ma fino all’ultimo ribadiscono la loro fede, a onta di pause di terrore momentaneo.
Ende, fine. Ho voluto liberarmi dalla commozione aprendo un altro canale, di svago. Un canale in cui i soliti sciapicotti stavano discutendo su chi abbia influito più durevolmente sul nostro modo di essere europei dopo la Seconda guerra mondiale. E hanno convenuto, gli sciapicotti, che è stata Mary Quant, come dire: colei che ha inventato la minigonna.
Hanno ragione gli sciapicotti: la moralità pubblica europea è scesa in basso nella stessa misura in cui la benefattrice dell’umanità, Mary Quant, ha fatto salire in altro la gonna delle più recenti pronipoti di Eva.